Richiedi informazioni

L’agrobusinees nell’era digitale: nuove skills per la quarta rivoluzione del mondo agricolo

Dalla sostenibilità alle nuove figure professionali 

Da sempre il cibo riveste un ruolo fondamentale nel mantenimento del patrimonio culturale di un popolo e nella valorizzazione dei prodotti di un territorio. Evoca il profilo storico ed economico di una società e rappresenta un dato strutturale imprescindibile di ogni Paese. 

Condividere il cibo è universalmente riconosciuto come uno dei modi fondamentali con cui si possono stabilire e mantenere i rapporti interpersonali. Il termine “compagno” deriva dal latino cum-pani, ovvero dividere il pane con, perché attraverso il mangiare comunitario si trasmettevano cultura e valori

La pandemia da Covid-19 ha cambiato molto le abitudini degli italiani ed anche il cibo è rimasto coinvolto in queste trasformazioni evolvendosi in un’ottica più consapevole e sostenibile.  

Rapporto Coop 2021 – Nomisma  

Secondo il “Rapporto Coop 2021 – Economia, Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop – Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori – con la collaborazione scientifica di Nomisma, a causa della pandemia 1 italiano su 2 ha cambiato le proprie consuetudini alimentari riscoprendo un’alimentazione più sana e una spiccata attenzione alla qualità del prodotto.   

L’88% si dichiara sensibile al concetto di sostenibilità, con uno sguardo attento ai metodi di produzione rispettosi dell’ambiente, all’origine dei prodotti e alla filiera di riferimento. L’83% è disposto a spendere di più per acquistare prodotti con una qualità certificata ed è attento alla lettura dell’etichetta e verso le indicazioni sull’origine e la provenienza dei prodotti.

Abbiamo voluto approfondire la tematica con la professoressa Diana Lenzi, Docente di Rome Business School del Master in Food and Beverage Management e  dell Online Master in Agribusiness Management Presidente del CEJA, l’Organizzazione dei Giovani Agricoltori Europei che raccoglie 33 associazioni agricole e due milioni di produttori Ue, che ha affermato:

“Tutti noi abbiamo vissuto il lockdown come uno shock nel nostro sistema di vita. Abbiamo modificato le nostre abitudini e sicuramente anche il modo in cui consumiamo il cibo. Ci siamo riconnessi con le nostre radici: cucinare durante la quarantena ha acquisito un nuovo significato, divenendo un modo per unire la famiglia, perché da sempre la tavola costituisce un luogo di incontro dell’affettività. Abbiamo, inoltre, riscoperto il mondo degli agricoltori, uno dei pochissimi settori che non si è mai fermato, permettendoci di non soffrire la carenza di cibo, in Italia e in Europa. Ora dobbiamo però unirci contro spreco alimentare perché del cibo si deve avere un profondo rispetto.”

Lo spreco alimentare e la fame nel mondo

Lo spreco alimentare è un tema attualissimo, sotto il punto di vista della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Nel mondo circa un terzo del cibo prodotto non viene consumato: un fenomeno che riguarda diversi livelli della catena alimentare nelle tre fasi principali: la produzione, la distribuzione e quella del consumo e della conservazione degli alimenti.   

ll problema non consiste quindi nella mancanza di cibo, bensì nell’impossibilità di accedervi soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Sotto questo punto di vista il mondo vive il profondo paradosso della scarsità di cibo nella sua abbondanza, come sottolineato da Save the Children.

Il perdurare del fenomeno della fame nel mondo rappresenta senza dubbio uno dei sintomi più importanti della necessità di un cambiamento radicale nel sistema produttivo ed economico globale. Inoltre, non bisogna sottovalutare che nei paesi sviluppati aumenta il numero di coloro che soffrono di ‘sovranutrizione’. L’obesità e il sovrappeso sono infatti in crescita in tutte le classi di età, ed in modo particolare tra i giovani e gli adolescenti, che saranno gli adulti di domani.

Il cibo a base vegetale può rappresentare una soluzione per aiutare ad avere un impatto ambientale diverso. Bisogna però comprendere che tale l’impatto non si ferma solo alla produzione primaria ma prosegue con la lavorazione industriale. Quindi per una valutazione complessiva bisogna valutare l’impatto sul prodotto finito. Credo comunque che non esista “La Soluzione” ma la ricerca di un nuovo equilibrio, di una maggiore consapevolezza del tema. Ad esempio,l’Italia è il primo paese dell’Unione Europea per numero di prodotti agroalimentari riconosciuti: 279 Dop e Igp e 526 vini certificati.  Dobbiamo rispettare le nostre eccellenze che rappresentano il Made in Italy, un traino della nostra economia, di cui uno dei punti di forza è certamente l’enogastronomia”.

Le nuove generazioni e l’agrobusiness

L’introduzione dell’educazione alimentare nelle scuole potrebbe costituire quell’anello mancante tra le giovani generazioni e il rispetto dell’ambiente. Una piena consapevolezza del cibo assunto, comprendendone gli effetti sul proprio organismo ed imparando a riconoscerne la qualità, aiuterebbe i giovani a vivere in armonia.

“Dobbiamo portare i nostri giovani nelle discussioni per la sostenibilità ambientale, non dobbiamo avere un atteggiamento rigidamente didattico. Sarebbe molto utile l’educazione alimentare nelle scuole, ma lo studio non deve essere inteso dogmaticamente. Se noi, al contrario, facessimo uno storytelling, strumento che piace molto ai ragazzi, e spiegassimo la storia di ogni singolo ingrediente di una pietanza, li condurremmo in un viaggio molto affascinante e restituiremmo loro un mondo di cui hanno perso completamente la cognizione. Si ricreerebbe così un legame tra produttore e consumatore che nel futuro porterebbe in automatico ad un consumo consapevole.”

Nuove opportunità professionali nell’agrobusiness

In Europa nel 2016 è stato stimato che solo l’11% delle aziende agricole è condotta da una persona under 40 e più del 65% da un over 65. Ne consegue che nei prossimi 10 anni, il 65% degli agricoltori sarà pronto al pensionamento. Il ricambio generazionale in agricoltura rappresenta, quindi, una delle maggiori necessità del comparto, per questo da sempre considerato una priorità nell’agenda politica di Bruxelles.

Fare agricoltura oggi non significa più solo coltivare un pezzo di terra.  Il lavoro agricolo segue le evoluzioni tecnologiche e trova innovazioni che permettono di rendere più sostenibili le produzioni, anche quelle più tradizionali. Oggi per condurre una azienda agricola non bastano solo delle buone competenze agronomiche ma è necessario avere una mentalità imprenditoriale.

Attualmente siamo di fronte a una quarta grande rivoluzione del mondo agricolo, perché il digitale sta cambiando il mondo dell’agricoltura. La tecnologia ci consente di meccanizzare molte operazioni, di avere informazioni che riducono l’impatto ambientale perché ci permettono di utilizzare meno prodotti fitosanitari o, quando indispensabile, di utilizzarli in maniera più moderata. Tutto questo richiede tante nuove skills: servono competenze in digital, in economia aziendale, in marketing, in comunicazione, in food lawMa soprattutto bisogna creare una attrattività per un settore che non sa raccontarsi ma che può offrire  importanti ricadute occupazionali.”

L’Agrobusiness rappresenta quindi un’occasione preziosa per la valorizzazione dei prodotti e delle tradizioni che rendono unico il nostro Paese e per celebrare uno dei grandi tesori italiani: l’enogastronomia, che promuove un modello alimentare sano, basato sulla dieta mediterranea, che già nel 2010 l’Unesco ha decretato patrimonio immateriale dell’umanità.  

DIANA LENZI

Nata e cresciuta a Roma, Diana Lenzi consegue gli studi   classici e una laurea in Scienze Politiche prima di dedicarsi alla sua vera passione, la cucina professionale, diplomandosi alle scuole professionali del Gambero Rosso. Dopo qualche anno di totale immersione tra le cucine dei più importanti ristoranti romani, nel 2008 le viene chiesto di gestire l’Azienda vitivinicola di famiglia, la Fattoria di Petroio.  Si trasferisce quindi in Azienda a Siena, per imparare in loco e direttamente cosa vuol dire fare agricoltura e vino di qualità e come dare nuova energia imprenditoriale all’impresa familiare.  Con le mani in cantina e la testa in ufficio da quel giorno dedica tutte le sue energie a consolidare lo stile tradizionale, territoriale e di pregio dei suoi vini e a rendere economicamente solida e sostenibile la sua Azienda, incrementando l’export e dando maggiore visibilità alla sua realtà. Promuove il passaggio ad un’agricoltura biologica e sostenibile. Da sempre attiva nelle associazioni agricole, diviene prima vice-presidente dell’ANGA I giovani di Confagricoltura e poi Presidente del Ceja, il Consiglio Europeo dei Giovani Agricoltori.