La moda, e il settore del luxury in particolare, è stato uno dei comparti più penalizzati dall’impatto da Covid-19. Ciò è testimoniato da un calo medio di fatturato di oltre il 30% nel primo semestre 2020 rispetto ai ricavi nello stesso periodo dell’anno precedente, confermato anche nel secondo semestre 2020 dove il valore di affari ha subito un decremento di circa il 40%. A parte il settore della personal care e accessori.
Una battuta di arresto che ha imposto alle multinazionali del settore, e di conseguenza anche ai grandi gruppi italiani, un ripensamento dei modelli di business per adattarsi alle mutate esigenze del contesto di riferimento.
In questo scenario, i colossi del fashion, per mantenere il proprio vantaggio competitivo, hanno rivoluzionato la strategia aziendale anche attraverso un’accelerazione del processo di digitalizzazione già da tempo in atto, un “ammodernamento” delle modalità produttive, della supply chain e della commercializzazione di prodotti, con un deciso impulso al mercato on line.
Oltre a ciò, il trading up si è indirizzato verso un coinvolgimento emotivo del consumatore, soprattutto nel target più giovane – che rappresenta il 40% della spesa complessiva – condizionato sempre più spesso dal quadro valoriale simbolico e culturale rappresentato dai brand.
Infatti, l’aderenza di quest’ultimo alle cause sociali, agli eventi geo-politici e la particolare sensibilità verso una produzione in grado di rispettare l’ambiente e le diverse personalità degli individui, rappresenta un importante elemento in grado di differenziare in maniera significativa un marchio rispetto alla concorrenza.
Per comprendere come la moda è tornata a confrontarsi con le sfide del mercato dopo lo tsunami da Covid 19 abbiamo incontrato la docente del Master in Fashion and Luxury Management della Rome Business School Francesca Bracci, che afferma:
“Mi piace pensare che dopo l’emergenza sanitaria non abbiamo assistito ad una semplice ripartenza ma ad un vero e proprio “nuovo inizio”, perché sono stati ridisegnati tutti i canoni della nostra vita, miscelando la tecnologia all’umanesimo, proprio come ha sottolineato Brunello Cucinelli. Sono tornati gli eventi Luxury in presenza: a NY, Londra, Parigi, Milano, Venezia e Roma. Parallelamente abbiamo assistito ad eventi in modalità ibrida, legati alla tecnologia e alla realtà aumentata, che accende la creatività e indirizza anche verso nuovi canali di comunicazione, certamente più inclusivi che in precedenza.
Infatti, dalla pandemia i brand internazionali della moda hanno condiviso sfilate e back stage in live streaming sulle loro piattaforme on line e la Camera della Moda Italiana ha offerto la possibilità, anche ai non addetti ai lavori, di assistere on line e in diretta agli eventi fashion. E’ il fenomeno sociale e rivoluzionario della democratizzazione della moda,che spinge i brand verso una challange fortissima: comunicare in maniera differente, più incisiva e più attuale, i loromessaggi ad una audience planetaria. Ecco perché i valori incarnati dal brand assumono ora più che mai un plus irrinunciabile.”
Durante i due anni di pandemia molti colossi della moda hanno utilizzato il web, con piattaforme esistenti o create ad hoc, per mantenere costante il rapporto con il proprio target audience. Si stima che entro il 2024 il volume di affari del luxury fashion del metaverso arriverà a sfiorare gli 800 miliardi di dollari.
Sono in molti, comunque, a ritenete che l’espansione della sfera digitale non deputerà il declino del mondo tradizionale della moda, ma si tradurrà in una eccezionale occasione per rendere il settore del fashion ancora più universale e contemporaneo. Quindi giovani stilisti o i designer esordienti potranno approdare, per far conoscere le loro creazioni in autonomia, nei programmi ufficiali delle manifestazioni.
“Forse può sembrare un po’ un paradossale il tempismo in cui è arrivata l’esperienza della realtà virtuale nella moda. Nella stagione in cui le sfilate sono tornate in presenza si apre ai nostri occhi il metaverso, che si propone come un mondo parallelo, immaginario, immaginato. Si abbandona tutto ciò che è umanistico per esplorare un universo che è completamente virtuale, con una moda senza formule fisiche o “numeriche” a costringere l’immaginazione. La prospettiva si amplia: è inclusiva perché non ha limiti di generi ed è sostenibile anche da un punto di vista della produzione.
Quello che viene generato all’interno di questo mondo è l’esperienza, pilastro del nuovo marketing del lusso: da quella fisica di uno store, a quella multisensoriale delle piattaforme che è liberatoria, libera, leggera e fluida, quindi assolutamente rappresentativa delle nuove generazioni. Questa è la sfida più grande dei brand del lusso: un continuo fine tuning tra identity e brand heritage, con la costante aderenza al nuovo, al sociale che cambia e va avanti.”
La moda ha sempre svolto nella vita di ognuno di noi una funzione importante: ha rappresentato la personalità degli individui e l’evoluzione culturale della società diventandone veicolo simbolico e strumento di comunicazione. Oggi più che mai rappresenta un mezzo di inclusione sociale, nel suo senso più lato, in un contesto globalizzato caratterizzato da un melting pot di culture, etnie, religioni, generi e diverse abilità, abbandonando il concetto meramente esibizionistico dell’abito per assurgere ad un “timbro” culturale dello stesso, proprio perché “espressione di valori”.
In questa ottica il fashion rappresenta i nuovi linguaggi che scardinano i paradigmi conosciuti, perché la moda recepisce gli impulsi della società e li declina in emozioni collettive, con la presentazione delle produzioni, e individuali con la scelta dei prodotti da acquistare, sempre in coerenza ai nuovi dettami dell’inclusivity.
“Oggi i brand sono chiamati a gestire un flusso fluido di informazioni con il dichiarato fine di conquistare la generazione z, quella fascia di consumatori costantemente iperconessi, che rispetto ad altri target hanno una caratteristica molto forte e differenziata: non sono fedeli ai marchi in quanto tali ma ai valori che questi sono capaci di esprimere e alla loro capacità di mantenere le promesse date. In un certo qual modo si assiste ad un ribaltamento della prospettiva: non sono più i brand che dettano il passo, ma sono le nuove generazioni che chiedono un impegno per le battaglie umanitarie e per celebrare la diversità, l’unicità e l’inclusività. Ecco allora che diventano protagonisti della moda le star di Instagram, i Tik-Tokers, i blogger, gli Influencer, gli sportivi, perché in grado di aiutare il management a capire quale può essere l’x factor capace di catturare l’attenzione dei giovani. La nuova generazione di consumatori mette al centro la sostenibilità.
Nasce il filone dell’inclusive fashion, collezioni che permettono ai portatori di diversa abilità di sentirsi bene nell’abito che indossano. Anche la beauty care sceglie nuovi testimonial, ambasciatori di una bellezza naturale, unica, bio, in una parola olistica, green. Una positive beauty filosofy che racconta le persone senza l’alterazione di ritocchi digitali.”
Se in passato il prestigio, inteso come la capacità economica del consumatore, la desiderabilità, legato all’unicità del prodotto scelto e la rilevanza, ovvero la differenza dalla concorrenza, erano gli elementi fondamentali che fissavano il valore di un luxury brand, oggi è la sostenibilità la parola chiave che distingue i mercati.
“La sostenibilità attualmente è al centro di qualunque tipo di dibattito sociale, politico, di marketing e di comunicazione. Sono diversi anni che si parla di approccio alla sostenibilità, ma soltanto oggi la politica, i governi, il mondo sembra voler superare anni di consumismo e di sprechi sfrenati ripensando i modelli di business. Non deve importarci se il percorso intrapreso non è stato spontaneo. Oggi chi ha capacità di acquisto, soprattutto tra i giovani, è attento a ciò che compra: ha una consapevolezza molto forte di come vuole vivere e dei valori che vuole rispettare.
Oggi il riciclo dei vecchi capi ha il fine di dare una seconda vita all’abbigliamento. La sostenibilità è diventata un fulcro importante delle scelte perché sta cambiando la nostra cultura. Abbiamo iniziato ad essere sostenibili nei piccoli atti quotidiani: ora dobbiamo educare le nostre menti. Quello che ci troviamo davanti è una long way, ma il percorso è iniziato e non si torna indietro.”
“Chi vuole emergere nel variegato settore del luxury fashion deve essere dotato di una forte creatività e della capacità di rigenerarsi, cioè di trasformare se stessi in qualcos’altro. Gli artisti, i creativi, i designer devono possedere la dote della libertà mentale, dell’originalità e il management deve comprendere che sarebbe un errore imbrigliare le loro creazioni in rigidi modelli di business.
Inoltre, si deve conoscere il mercato di riferimento e soprattutto il target al quale ci si vuole rivolgereper avere un vantaggio competitivo.
Ma è il lifelong learnig, la formazione continua, che permette di sviluppare mindsets trasversali, il vero volano. Si deve osservare la società, studiare i trend culturali per comprendere ciò che accade intorno a noi.”
Laureata in Sociologia con specializzazione in Comunicazione e Mass Media, presso l’ Università La Sapienza di Roma, vanta una esperienza ultradecennale nella gestione delle relazioni con i VIP e nell’organizzazione di eventi di lusso in collaborazione con i principali marchi italiani di gioielli e moda di lusso per i clienti più importanti. Si è occupata dell’organizzazione di eventi di lusso su misura e di esperienze in store per membri della Famiglia Reale dei Paesi del Medio Oriente e per Clienti Top.
Assistente del Presidente e dell’Amministratore Delegato di una multinazionale del petrolio, ha gestito le ambasciate e il top management, la comunicazione interna ed esterna, l’organizzazione dei viaggi. Pianificazione e organizzazione di eventi esclusivi per il top management e visite di Ministri degli Esteri.Guest professor e formatore del personale per istituzioni italiane e internazionali nelle aree di competenza: Marketing della moda e del lusso, ospitalità di lusso, strategie di vendita e gestione dell’esperienza del cliente, soft skills e strategie di comunicazione.