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Theatre Management: strategie di marketing per raggiungere nuovi segmenti di pubblico

Il mondo delle organizzazioni culturali sta vivendo una fase di grandi trasformazioni, causate non solo dalla crisi pandemica da Covid 19.

In Italia, infatti, negli ultimi decenni le dinamiche evolutive hanno trasformato notevolmente il comparto nel suo complesso, accelerando quel processo di globalizzazione che, nonostante lo sviluppo dimensionale, ha comunque evidenziato tutte le criticità della filiera del sistema produttivo culturale, aggravate naturalmente anche dall’emergenza sanitaria.

MIC, SIAE e Symbola

Secondo studi del MIC e della SIAE, nel 2019 il sistema produttivo culturale e creativo era
in forte espansione e rappresentava il 5,7% del valore aggiunto italiano: oltre 90 miliardi
di euro, con un incremento dell’1% rispetto all’anno precedente, che garantiva l’occupazione a più di un milione e mezzo di persone che rappresentavano il 5,9% dei lavoratori italiani.

Un’indagine condotta da Symbola, la Fondazione che promuove e aggrega le Qualità Italiane, ha mostrato come nel 2020 il 44% degli operatori della filiera culturale – che registra un precariato diffuso – ha subito perdite di ricavi superiori al 15% del proprio bilancio, ed il 15% ha accusato perdite che hanno superato persino il 50%.

Naturalmente a causa delle misure del lockdown a soffrire di più sono stati i settori delle performing arts e delle arti visive.  Per creare nuovo pubblico e, ancora più importante, per mantenere quello consolidato, si dovranno porre in essere azioni volte a coniugare le competenze culturali con capacità di tipo economico e manageriali.

Per codificare i fenomeni in atto e permettere di immaginare e anticipare gli scenari futuri, abbiamo incontrato Eleonora Pacetti docente dell’ International Master in Arts and Culture Management alla Rome Business School che ci ha detto:

Le organizzazioni culturali hanno finalmente superato l’anacronistica ritrosia nei confronti del marketing e più in generale dell’approccio manageriale. Il mondo del teatro era vissuto dagli addetti ai lavori come un cosmo le cui radici dovevano affondare unicamente su un insieme di competenze molto specifiche legate all’arte. Ritengo che quello che veniva a mancare era una figura che, possedendo ovviamente competenze di settore, avesse anche una visione d’insieme, con conoscenze nell’area del marketing e della comunicazione, naturalmente non prescindendo dall’aspetto economico, del management e della gestione di risorse umane.

Questo è per me il management teatrale: l’abilità di orientarsi all’interno di una pianta organica, la capacità di capire come si formano i bilanci di progetto, avere coscienza della diversità, oserei dire dell’enorme sproporzione, tra i costi fissi e i costi variabili per un corretto approvvigionamento finanziario. Naturalmente bisogna considerare anche il mero aspetto dell’organizzazione del lavoro: costruire un piano prove, capire se un appuntamento racchiude in sé il potenziale per trasformarsi un evento mediatizzabile in accordo con i colleghi dell’ufficio marketing e comunicazione. In sintesi, una professionalizzazione maggiore dei singoli in chiave sinergica, di intenti e di processi industriali, che aiuti a superare le criticità, a partire dai luoghi di lavoro che sono spesso edifici storici che mal si sposano con le esigenze attuali come ad esempio l’adeguamento tecnologico. Inoltre, dobbiamo affrontare il problema dell’invecchiamento del personale all’interno dei teatri – che si riflette involontariamente sull’invecchiamento del pubblico – professionalità diverse e importanti per cui non esiste un vero e proprio turnover, un angolo cieco su cui bisogna riflettere.”

Panorama Italiano

L’Agenda Europea della Cultura 2030 ha indicato tra i pilastri della società futura i crossover culturali: ovvero le relazioni sistemiche e sistematiche tra ambiti diversi affinché la cultura possa diventare un volano per la coesione sociale di ogni cittadino.  Le istituzioni culturali possono, infatti, rappresentare i veri e concreti driver del cambiamento perché capaci di ingenerare un circuito virtuoso, promuovere uno sviluppo intellettuale e inclusivo della collettività. Ma perché questo accada l’offerta culturale dovrà sapersi adeguare all’evoluzione della società e del pubblico, attraverso una innovazione di prodotto, che possa rendere protagonista il fruitore, vero fulcro  del processo culturale.

In Italia è necessario agire strategie di marketing per raggiungere nuovi segmenti di pubblico. Dobbiamo avvicinare i giovani agli spettacoli dal vivo, senza naturalmente perdere il pubblico già fidelizzato. L’Unione Europea con il progetto “Europa Creativa” ha identificato l’audience development come lo strumento più adeguato per superare la frammentarietà dei pubblici.

Bisogna tornare nelle scuole, organizzare spettacoli partecipativi e soprattutto promuovere i giovani talenti.

Negli ultimi 15 anni nel nostro Paese abbiamo assistito a degli scossoni culturali: è il caso di “As.Li.Co” l’Associazione Lirica Concertistica Italiana, fondata da Barbara Minghetti che ha come obiettivo individuare e formare giovani cantanti e produrre opere per il loro debutto.

A mio avviso la programmazione teatrale del futuro dovrebbe essere molto sbilanciata verso nuovi target, con progetti che portino il teatro in strada, nelle periferie, tra la gente.

E’ il caso di Opera Camion che ho personalmente curato, come Direttrice dello Young Artist Program, e lanciato con il Teatro dell’Opera. Una profonda operazione culturale con l’intento di una contaminazione urbana dell’arte della lirica, un viaggio, non solo metaforico, nei meandri più dimenticati della città che sono rappresentati dalle periferie. La cultura che incontrava la natura, ovvero la città: un connubio vincente e sul quale si deve sempre più investire. Il New York Times ha speso parole di vero apprezzamento per l’iniziativa. Mi piacerebbe che il Teatro Valle di Roma, che merita di essere riabilitato, fosse dedicato alla produzione di opere di giovani talenti, con candidature spontanee e bandi per progetti artistici sempre aperti. Si ingenererebbe nuova linfa e un rinnovato entusiasmo tra gli esordienti.”

Marketing e Comunicazione

Marketing e comunicazione sono due termini che fino a qualche tempo fa sembravano non avere una diretta connessione con il mondo del teatro e più in generale della cultura. Capire e scegliere quale spettacolo proporre al pubblico, trasmetterne il valore e comunicarlo è la nuova sfida delle Istituzioni culturali. Il concetto di valore e la capacità di tradurlo in una proposta irresistibile e memorabile delimita il terreno sul quale si gioca il successo o l’insuccesso di un evento. Ecco perché negli ultimi anni anche in ambito teatrale si sono fatte strada nuove figure professionali con specifiche competenze di marketing, di comunicazione e di management in grado di comprendere il comportamento del target/pubblico di riferimento ed orientarne il processo decisionale, perché il valore percepito attiene sempre alla sfera soggettiva.

Oggi è più che mai importante conoscere le strategie del marketing e, mi lasci dire, bisogna, soprattutto, comunicare, ma non in modo didascalico. Il linguaggio deve plasmarsi e rendere partecipe del sapere. Se saremo capaci di appassionare e coinvolgere il pubblico, questo diventerà un brand ambassador formidabile. A mio avviso però è necessario scardinare il paradigma dei processi comunicativi: non di un addetto ai lavori quanto piuttosto quello di uno sguardo esterno, più simile al passante che entra in teatro e racconta cosa lo incuriosisce, lo appassiona, lo attrae.  Il Royal Opera House Covent Garden può essere certamente considerato un best case relativamente alla comunicazione. Il teatro londinese ha adottato una cifra comunicativa quasi ossessiva, in senso positivo naturalmente, rende noto tutto ciò che fa. La metropolitana, ad esempio, sembra essere una sua depandance: vengono proiettati senza soluzione di continuità promo, trailes, filmati ben costruiti e suggestivi che scatenano il desiderio di vedere cosa succede tra le quinte. Ecco questo rappresenta una strategia di marketing e comunicazione efficace ed efficiente. Una sinergia che avvantaggia l’intero management.”

Best Cases

Io credo molto nei teatri piccoli, quelli di tradizione che a volte non vengono valorizzati come si dovrebbe e percepiscono, purtroppo, minori finanziamenti di quelli che meriterebbero. In Italia ci sono delle realtà preziose come il Teatro Coccia di Novara diretto da Corinne Baroni e

il Teatro Regio di Parma con l’ottimo lavoro iniziato da Anna Maria Meo. Strutture agili non appesantite dalla burocrazia amministrativa e guidate da donne di altissimo spessore che riescono a mettere in scena cartelloni di assoluto pregio, con budget abbastanza ridotti. Sono teatri che sanno osare, che possono contare su un team manageriale preparato e con un obiettivo comune: diffondere ad ogni livello la cultura e l’amore per l’arte.

Per quanto mi riguarda, come detto, ho un’utopia: un teatro che dia carta bianca solo ai giovani, una sorta di diritto di cittadinanza culturale. Un luogo di co-working, un luogo “dilatato” in cui si possono scrivere nuove regole e nuovi codici. Se non adegueremo i linguaggi e gli scenari difficilmente riusciremo a trattenere i nostri talenti nei confini nazionali.”

ELEONORA PACETTI

Eleonora Pacetti è una musicista e manager culturale. Pianista, con al suo attivo studi di canto e un master in Management per lo Spettacolo, assume giovanissima ruoli di rilievo all’interno della programmazione e del casting management in importanti teatri italiani (Teatro alla Scala, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Petruzzelli). Dal 2016 al 2022 fonda e dirige lo Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma. Parallelamente porta avanti l’attività di coaching musicale, prende parte a numerose giurie di concorsi internazionali e tiene masterclass legate al proprio metodo per la preparazione ad audizioni e concorsi per cantanti lirici, edito da Curci. Per la Rome Business School è docente di Theatre Management per i master in lingua inglese e italiana