Portare la telemedicina nei Paesi in via di Sviluppo, ovvero in tutte quelle nazioni che presentano un tenore di vita basso, una scarsa base industriale, un livello del reddito quasi nullo, significa non solo dotare i paesi di tecnologie avanzate ma favorire una più capillare ed efficiente diffusione del servizio sanitario.
Questo è lo scopo che l’Onu e OMS si sono prefissate, riconoscendo un’importanza cruciale delle tecnologie nel settore medico nelle aree economicamente più svantaggiate.
In questo scenario si parla di sanità globale, un approccio che mira a dare pieno significato alla salute come diritto umano fondamentale e inalienabile per tutti gli individui del mondo.
Per approfondire la tematica con un focus sulla cooperazione internazionale abbiamo incontrato Michelangelo Bartolo direttore dei servizi di telemedicina della Regione Lazio e docente dell’International Online Master in e-Health Management di Rome Business School che ci ha detto:
“Quando parliamo di telemedicina in ambito di cooperazione internazionale dobbiamo distinguere due diversi ambiti: quello tecnologico e quello sanitario.
Sotto l’aspetto delle tecnologie è necessario, per un’analisi puntuale, avere chiaro in quale paese o città andiamo ad installare il servizio di telemedicina.
Fino a qualche anno fa il problema della connettività era un ostacolo da non sottovalutare. Oggi tutte le coste africane sono avvolte da cavi in fibre ottiche che riescono a portare una buona connettività, impensabile fino a qualche anno fa.
Ricordo che il primo wireless della mia vita l’ho visto a Maputo, in Mozambico, proprio perché in molti paesi dell’Africa sub-Sahariana c’è stato un salto di generazione tecnologica, dove si è passati dall’analogico, cioè dal telefono, al digitale, con la connessione Internet. Oggi, in questi territori, la connettività a banda larga permette di poter inviare tracciati di elettroencefalogrammi che pesano più di 100 Mb in Italia per poter usufruire della refertazione e dell’opinione di neurologi che un accuratezza diagnostica spesso impensabile in quelle latitudini.
La scelta di diffondere l’uso dei teleconsulti asincroni, cioè che non richiedono la presenza contemporanea del medico richiedente e refertante, è stata una scelta vincente per la cooperazione internazionale.
Si tratta del raggiungimento di un importante traguardo che permette di superare tutte le difficoltà legate alla connettività via satellite, scelta obbligata fino a qualche anno fa, che, tra l’altro era molto costosa e talvolta mal funzionante, dipendente anche dalle condizioni metereologiche”.
La cooperazione sanitaria rappresenta un tema di estremo rilievo nell’ambito della comunità internazionale e accanto ai tradizionali attori, come le organizzazioni internazionali e intergovernative, un ruolo rilevante è ricoperto anche dalle organizzazioni non governative.
Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) delle Nazioni Unite, approvati nel 2015 nell’ambito della Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, rappresentano l’impegno della comunità internazionale per il raggiungimento di un futuro migliore e più sostenibile per tutti. Gli SDGs segnano un passaggio storico perchè mirano alla composizione di un’unica Agenda volta a integrare gli obiettivi di sviluppo economico e sociale con la sostenibilità ambientale e tutela della salute di tutti gli individui.
emedicina nei Paesi in via di Sviluppo, ovvero in tutte quelle nazioni che presentano un tenore di vita basso, una scars“Sotto l’aspetto della tutela della salute gli Organismi Internazionali svolgono un ruolo fondamentale, senza dubbio decisivo.
Per i Paesi in via di sviluppo o paesi in difficoltà anche per conflitti, la telemedicina è importantissima perché in grado di estendere il diritto alla salute ad una più ampia fascia della popolazione, che vive talvolta in territori molto lontani dalle capitali o dai grandi centri urbani.
Questi Paesi devono, inoltre, essere aiutati non solo attraverso il finanziamento delle strutture – inesistenti o fatiscenti – ma soprattutto attraverso la formazione di medici e infermieri, perché l’adeguamento della professionalità rimane comunque uno degli asset più importanti in ambito sanitario.
La formazione non deve essere episodica, e deve avere della accortezze che nascono dal contesti locale. Non ha senso spiegare come refertare Angiotac se non vi sono tali strumentazioni. La formazione, deve partire dalle esigenze e dalle possibilità locali. Per questo, anche per poter richiedere correttamente teleconsulti, è necessario dare al sanitario locale tutti gli strumenti per poter trascrivere i dati fondamentali del paziente. Per questo si fanno anche corsi di semeiotica medica: si insegna come visitare i pazienti, quali manovre fare per esplorare il sistema nervosom vascoilare, cardiaco e così via; attitudine a volte troppo trascurata anche nei paesi industrializzati. Per questo mi piace sottolineare che per utilizzare bene i nuovi strumenti tecnologici bisogna tornare alle basi della visita medica: una buona anamnesi, una buona visita, e aiutare a studiare e comprendere le patologie che si trovano ad affrontare. Formazione che può anche essere svolta anche da remoto.
Inoltre, mi piace ricordare, che in ogni risposta ad un teleconsulto, oltre a dare indicazioni diagnostiche e terapeutiche, c’è sempre una piccola quota di formazione. Chi risponde talvolta allega pubblicazioni scientifiche che riguardano quella particolare patologia ed è un modo di far crescere professionalmente l’interlocutore locale”.
L’emergenza sanitaria da Covid 19 ha imposto in Italia, come del resto in tutto il mondo, una accelerazione nell’utilizzo delle applicazioni della telemedicina, che prima del 2019 superava di poco il 10%.
Molte di queste iniziative sono nate proprio al fine di garantire continuità di cura sia ai pazienti Covid gestiti al proprio domicilio, sia per quei pazienti cronici o ai pazienti inseriti in percorsi di follow-up che necessitavano di mantenere un contatto con il proprio medico.
“In Italia la telemedicina è un servizio conosciuto da oltre 30 anni ma che per troppo tempo è stato demandato all’iniziativa dei singoli. Io ho iniziato ad occuparmi di telemedicina nel 2006 con un progetto della Regione Lazio in cui era coinvolto l’Ospedale San Giovanni di Roma dove lavoravo, uno dei pochi nosocomi dove esiste un reparto dedicato ai servizi di telemedicina che oggi si stanno diffondendo rapidamente.
Attualmente la situazione è radicalmente cambiata: il percorso ha subito un deciso incremento con l’emergenza sanitaria ed è poi continuato con i finanziamenti, previsti dal Piano Nazionale Rinascita e Resilienza, relativi alla sanità digitale che ammontano a quasi 2,5 miliardi di Euro, di cui circa 1 miliardo proprio indirizzato alla telemedicina.
Una grande opportunità per ammodernare tutte le strutture sanitarie italiane e le piattaforme infrastrutturali e tecnologiche nell’ottica di una integrazione globale con il SSN. E’ chiaro che nel nostro Paese ci regioni virtuose come la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Toscana, il Lazio, la Puglia e territori che lo sono meno. Non mi sentirei di semplificare ulteriormente dicendo che il Nord ha una diversa velocità rispetto al resto dello stivale, ma l’uniformità su tutto il territorio nazionale è una sfida da vincere. In questo percorso sono molto importanti le “Linee Guida Indirizzo Nazionali in telemedicina sancite in conferenza Stato Regioni” che rappresentano lo strumento che potrà portare ad un bilanciamento territoriale superando così la debolezza del sistema che dovrà essere sempre meno ospedale-centrico. Sotto questo punto di vista è bene sottolineare la differenza esistente tra interoperabilità e cooperabilità. La prima riguarda la tecnologia, che si deve adeguare a standard precisi che garantiscono ad ogni applicativo di dialogare con altri applicativi; la seconda riguarda gli individui ovvero la volontà di collaborare tra le persone: qui è centrale il fattore umano, l’empatia e l’intelligenza emotiva.”
“Quando parlo di Best Practice in ambito di Cooperazione Internazionale mi piace portare l’esempio della piattaforma della Global Health Telemedicine, la Onlus che prende vita dall’esperienza del programma Dream della Comunità di Sant’Egidio che opera in 47 Paesi con centri di cura e servizi di teleconsulto ad esempio nei campi profughi in Grecia e finanche in Madagascar. E’ una piattaforma che ha garantito oltre 30.000 teleconsulti afferenti a 31 specialità mediche in pochi anni di attività.
Paradossalmente talvolta è più facile operare nei Paesi in via di Sviluppo perché in queste nazioni perché esistono pochi servizi digitali e sono più pronti ad accettare nuove proposte tecnologiche.
Nato a Roma è medico con specializzazione in angiologia. Dal 2001 è tra gli ideatori del programma DREAM della comunità di Sant’Egidio per prevenzione e trattamento dell’Aids e patologie croniche, presso diversi paesi dell’Africa Sub – Sahariana e nel 2002 inizia ad occuparsi di telemedicina con i paesi in via di sviluppo, compiendo di missioni in diversi paesi africani.Dal 2013 è fondatore e segretario generale della Global Health Telemedicine, onlus che promuove servizi di teleconsulto multispecialistico per paesi in via di sviluppo; Ad oggi ha aperto 47 centri di telemedicina in 20 paesi, 31 branche specialistiche, più di 20.000 teleconsulti. Dal 2020, durante il lock down per l’emergenza Covid, ha modificato la piattaforma di Teleconsulto multidisciplinare creata per la cooperazione internazionale realizzando con la Comunità di Sant’Egidio e la Global Health Telemedicine un servizio di tele consulenza per gli italiani che non poteva accedere ai servizi sanitari. Dal 31 settembre 2021 è membro del gruppo di lavoro “telemedicina” dell’Agenas, per la definizione delle linee guida inerenti il modello digitale per l’implementazione dell’Assistenza domiciliare (missione 6, componet 1, del PNRR). Dal 1° marzo 2022 dirige la telemedicina territoriale ed ospedaliera per la Regione Lazio. E’ docente di telemedicina alla Rome Business School.