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Project Management & Agile Approaches: le capacità di anticipare, risolvere e osare

La crescente pressione competitiva ha imposto alle imprese la realizzazione di prodotti e servizi sempre più performanti.

Monitorare in modo rapido ed efficace i progetti in sviluppo – e le attività ad essi correlate – rappresenta un momento fondamentale per mantenere standard elevati o per correggere in tempo eventuali anomalie. Inoltre, l’aumento della complessità dell’ambiente di riferimento, l’evoluzione organizzativa delle aziende e le rivoluzioni dell’Information Technology sono solo alcuni dei cambiamenti che hanno interessato negli ultimi decenni le organizzazioni, che si sono dotate pian piano di strutture per rispondere in maniera efficace al mercato in un’ottica di una continua evoluzione.

 Se la caratteristica più significativa delle nuove realtà sembra essere la struttura flessibile e la produzione snella, l’aspetto vincente è rappresentato dalla conoscenza, ovvero dalla capacità di “apprendere” al fine di adattarsi più velocemente alla volatilità dei mercati per mantenere un vantaggio competitivo. 

La conoscenza

L’importanza della conoscenza aziendale non è una scoperta recente. Nei modelli gerarchizzati era prerogativa del management, l’unico in grado di poter determinare scelte e modificare modelli di business. Ora che per le organizzazioni i tempi di risposta devono essere minimi, la conoscenza diffusa diventa una leva fondamentale e imprescindibile. Per approfondire la tematica abbiamo incontrato Angelo Cauceglia, docente all’ International Master in Project Management di Rome Business School, che ci ha detto:

“La conoscenza è certamente una delle chiavi vincenti per creare un progetto di successo: la capacità di interpretare le variabili in gioco, il contesto in cui si andrà a lavorare e il gruppo di lavoro. Un team unito ma eterogeneo anche in relazione all’età, rappresenta un volano perché le differenze costituiscono sempre un valore sia sotto l’aspetto dell’esperienza – conoscenza delle dinamiche, del tempo, della materia del mercato – che dell’iniziativa perché bisogna avere anche il coraggio di osare, di guardare oltre ed essere innovativi.

Il gruppo di lavoro deve essere coeso e teso al risultato perché tutte le fasi di un progetto – pianificazione, esecuzione, monitoraggio, controllo e closing – possono presentare punti di criticità. E’ in questi momenti che i project manager sono chiamati ad intervenire per svolgere il ruolo precipuo di problem solving, perché non bisogna perdere di vista l’importanza di creare valore per l’azienda, l’organizzazione e per la società quando si gestisce un progetto.”

Project Manager

Il Project Management Institute (PMI®) costituisce la più importante associazione professionale a carattere internazionale di Project Management.  Nato negli anni ’70 e diffuso in oltre 200 paesi al mondo, fornisce certificazioni PMP (Project Management Professional), riconosciute a livello internazionale, per i professionisti della gestione dei progetti complessi e formazione professionale altamente qualificata.

Molto si è dibattuto e si dibatte sul ruolo oggi del project manager: un nuovo attore del management che ha il compito di organizzare, dirigere, controllare e pianificare le risorse del progetto e che ne sovraintende il ciclo di vita.

“In questo scenario è importante padroneggiare la materia, ma non è indispensabile essere un esperto del settore perché il project manager deve essere in grado di comprendere quali sono i ruoli e le abilità necessarie per fare il massimo con ciò che si ha a disposizione e, quindi, essere più realisti possibili in ogni fase del progetto.

Le competenze di un project manager restano legate in qualche modo alle conoscenze tecniche e metodologiche, ma stanno virando in maniera significativa verso le capacità comportamentali, verso quelle che sono chiamate soft skills.Mi piace ricordare una definizione che vuole il project manager come un direttore d’orchestra: non è necessario che sappia suonare tutti gli strumenti, ma la sua bravura si estrinseca nel riuscire a coordinarli tutti per l’esecuzione di una melodia armoniosa. Noi non parliamo di strumenti ma di idee, di persone ognuna con il proprio carattere, la propria indole e perché no le proprie fragilità e insicurezze professionali. Il project manager è un leader che deve essere capace di anticipare il bisogno di resilienza, di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti e di raccogliere informazioni sufficienti per prepararsi a gestire al meglio tutte le eventuali criticità. E’ un coach che dedica tempo ed energie all’ascolto e alla crescita di ogni un membro del gruppo di lavoro, crescita che si riverbera automaticamente sul progetto stesso.”

Agile Approaches

Con l’avvento della nuova filosofia manageriale del project management, come detto, sono stati rilevati sostanziali cambiamenti nelle strutture delle imprese, nelle strategie, nel loro modo di operare e più in generale nelle modalità di gestione delle risorse, soprattutto quelle umane, attraverso un approccio maggiormente flessibile e meno legato a procedure rigide e ricorsive. E’ la diretta conseguenza del “Manifesto Agile”, un mindset, una innovativa metodologia nata da un documento redatto nel 2001 da 17 ingegneri statunitensi, specializzati nella creazione di software con l’intento di definire valori chiave dello “sviluppo agile”.

Dodici principi fondamentali che rappresentano la cultura del cambiamento in armonia con le esigenze aziendali, come affermato da Alistair Cockburn, scienziato informatico tra i cofirmatari del Manifesto, e che si ispirano al Codice etico di condotta professionale e ai concetti di responsabilità, rispetto, lealtà, esercizio empatico della leadership.

L’approccio agile alla gestione dei progetti significa anche avere il coraggio e la capacità di fermare le macchine laddove necessario e non disperdere risorse, concentrandosi su altre attività più utili, più convenienti. Quindi, nel momento in cui ci si rende conto che l’obiettivo che ci si era prefissato non si può più raggiungere oppure non è più raggiungibile seguendo la strada che avevamo tracciato, bisogna cambiare approccio ed eventualmente anche modificare l’obiettivo.

Nel 2023 dobbiamo abbandonare l’idea della pianificazione globale anticipata. Nel contesto nel quale viviamo, il mondo VUCA – acronimo che indica “volatilità”, “incertezza”, “complessità” e “ambiguità” – bisogna ragionare in termini di flessibilità: nella gestione delle risorse, anche nel riconoscere o meno l’utilità ultima di un progetto.

L’onestà intellettuale è una leva da agire sempre, sia che di parli di approccio tradizionale o agile.  Una delle cose che trovo più affascinanti nell’evoluzione della disciplina è comprendere che gestire un progetto non significa gestire un silos, ma significa gestire un elemento che andrà ad innestarsi in un sistema più ampio.”

Formazione

Per la gestione di un progetto, sia esso semplice o complesso, è necessario possedere un solido bagaglio culturale: una formazione scientifica, di carattere ingegneristico o economico-finanziario rappresenta un ottimo punto di partenza, per poi passare a percorsi post-laurea, master in project management, e pensare anche all’ottenimento di certificazioni rilasciate da istituzioni nazionali e internazionali.  Io stesso sono docente accreditato presso ISIPM – Istituto Italiano di Project Management. Siamo così concentrati sul verticalizzare le nostre competenze che abbiamo perso di vista l’orizzonte. Ecco, credo che gli studenti che vogliono appassionarsi al project management, o le aziende che vogliono assumere project manager, debbano capire l’importanza dell’eterogeneità della preparazione, lasciando alle spalle l’idea che la specializzazione sia il vantaggio competitivo che possa assicurare il successo di ogni iniziativa. Bisogna studiare ma, soprattutto, familiarizzare con l’idea che diventare un project manager significa accettare un percorso che parta da un ingresso di basso profilo per poi assumere ruoli più specifici. Si diventa con il tempo leader, coach senza mai perdere l’entusiasmo e  di vista l’obiettivo finale.

Credo che le aziende debbano cominciare a capire che il project manager non è un’etichetta, ma una job description da contestualizzare in un percorso strutturato.” 

ANGELO CAUCEGLIA

Nato e cresciuto al Sud Italia, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Comunicazione d’Impresa con una tesi in Economia e Gestione dei Sistemi di Imprese presso l’Università degli Studi di Salerno, ha avuto il privilegio di costruire il suo percorso di crescita professionale attraverso fantastiche esperienze all’estero, dall’Arabia Saudita al Cile, dagli Stati Uniti ad Olanda e Belgio, investendo la quasi totalità del tempo lavorando per progetti di larga scala. Professionista dedito, MBA, appassionato di dinamiche organizzative, con una robusta esperienza in aziende di grandi dimensioni, ha sempre pensato che se qualcosa merita di essere fatta, merita di essere fatta bene, andando oltre il concetto di miglior compromesso verso il giusto compromesso. Senior Consultant per Plat4mation B.V., è anche Docente di Project Management e Business Strategy presso la Rome Business School ed accreditato presso ISIPM – Istituto Italiano di Project Management.