La transizione ecologica, ovvero l’abbandono del carbone come fonte di produzione energetica e la sostituzione progressiva di tutte le fonti fossili con fonti rinnovabili, non può ritenersi scevra da criticità.
Recentemente l’impennata della quotazione del gas, in parte conseguenza delle politiche ambientali, ha comportato un forte rincaro dei prezzi energetici con strascichi inflazionistici.
Un trend che ha interessato molte Nazioni Europee, tra cui l’Italia, dove il Governo per arginare il caro bollette ha posto in essere strategie contingenti e strutturali, richieste anche dalla Confindustria, per evitare che i rincari legati alla sostenibilità impattassero su famiglie e imprese.
Il fenomeno denominato Greenflation – l’inflazione verde generata, appunto, dalla transizione ecologica – ha evidenziato la problematica dei benefici e dei costi connessi alla lotta ai cambiamenti climatici: una sfida ineludibile che il sistema economico globale sarà chiamato ad affrontare nei prossimi decenni.
La transizione ecologica, infatti, è entrata da tempo nelle agende economiche dei Paesi sviluppati. Anche l’economista tedesca Isabel Schnabel, componente del board della Banca Centrale Europea ha sottolineato l’importanza di adottare nel prossimo futuro politiche fiscaliadeguate per contrastarne gli effetti indesiderati, affinché , affinché sia socialmente accettabile per tutti.
I costi economici della transizione verde richiedono, infatti, soluzioni collettive, coordinate ed inserite in un contesto globale: diversamente, l’azione di un singolo Stato avrebbe poco valore. Per prevenire e limitare i costi si parla da tempo di una transizione giusta, concetto presente già dal 2015 nell’Accordo di Parigi per sottolineare l’importanza di integrare, all’interno delle politiche climatiche, azioni volte a minimizzare gli impatti negativi sui cittadini e sulle politiche occupazionali.
Il dibattito accende, quindi, la sfera politica ed economica su scala mondiale e abbiamo voluto ascoltare il parere del Professore Raffaele Maria Maiorano, Docente e Direttore dell’ Online Master in Agribusiness Management di Rome Businees School che ha affermato:
“La transizione ecologica è un tema globale che necessita di una programmazione rigosa quanto lungimirante e coerente con le attività economiche. Il mondo vive in questo momento una sorta di paradosso: da un lato si cerca di raggiungere velocemente uno sviluppo sostenibile – così come previsto anche dall’Unione Europea con il Green Deal – dall’alto gli alti costi sostenuti dai consumatori finali e dalle varie filiere economiche potrebbero rallentarne il processo stesso.”
Secondo l’ultimo rapporto del IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, è necessario ed urgente effettuare tagli drastici alle emissioni di gas serra, con il conseguente passaggio dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili di energia. Lo stesso richiamo ad un intervento immediato per il contrasto ai cambiamenti climatici, avvenuto lo scorso novembre al termine della COP26 di Glasgow, sembra essere stato ancora una volta disatteso, proprio per gli elevati costi economici che ricadrebbero a vario titolo sulla collettività.
In una prospettiva di lungo periodo è infatti prevedibile immaginare un ulteriore aumento del prezzo di alcune materie prime come il litio, il silicio, l’alluminio ed il rame, tutti minerali essenziali per gli strumenti atti alla transizione: come ad esempio per gli autoveicoli elettrici e per i pannelli fotovoltaici.
“La transizione consapevole, efficace ed efficiente deve nascere dall’alto con un effetto Top Down – precisa Maiorano – con l’adozione di politiche sinergiche a livello inter-statale, ma deve anche essere Botton Up perché le aziende alle quali viene richiesto di cambiare i propri processi e il modo di fare impresa devono intravedere un vantaggio economico. Le imprese, infatti, devono comprendere dove collocarsi all’interno di un sistema più ampio e devono riuscire a ricreare un sistema complesso, con un diverso paradigma, che tenga conto delle esigenze dei singoli soggetti. Solo così la transizione avrà un impatto positivo dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Solo così si potrà considerare inclusiva.”
Anche il settore dell’agribusinees è fortemente influenzato dalla transizione energetica. La trasformazione dei sistemi alimentari è cruciale per il raggiungimento di tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Le produzioni biologiche contribuiscono alla salvaguardia del pianeta e delle biodiversità ma sono contraddistinte da livelli più bassi di produzione per unità di superficie. A produzioni minori corrisponde l’aumento delle materie prime che hanno un importante impatto in tutte le fasi e le attività che riguardano la produzione, la lavorazione e la distribuzione di cibo.
“Senza un supporto in grado di compensare le diminuzioni delle produzioni si genera una inflazione che ricade inevitabilmente sul consumatore”, commenta Maiorano.
Il professore Maiorano, nel volume Sdg 4 Business, scritto in collaborazione con la professoressa Alessandra De Senened il professore Roberto Reali, ribadisce l’importanza del modello Botton Up, anche per il settore dell’agricoltura, dove si indica la possibile via per la sostenibilità con espresso riferimento proprio ai SDG, (Sustainable Developmente Goals)stabiliti dall’ONU.
“Il settore dell’agroalimentare, che spesso erroneamente viene considerato secondario deve essere attenzionato con maggiore forza. Nel nostro Paese il comparto rappresenta quasi il 18% del PIL, il Prodotto Interno Lordo, ed è tra gli elementi più trainanti del Sistema Italia. Un europeo medio destina dall’11 al 14% del proprio income mensile per l’acquisto di generi alimentari, contrariamente ai paesi in Via di Sviluppo dove le persone spendono fino al 50% per cento del loro reddito. Creare degli squilibri così forti tra aree geografiche è inaccettabile eticamente, perché si diminuisce ulteriormente il tenore di vita in quei paesi dove è già difficile la sopravvivenza e dove diviene sempre più difficile recuperare generi alimentari. Sotto questo punto di vista l’Europa, con la creazione della Comunità Europea e l’adozione della PAC, la Politica Agricola Comune, è stata lungimirante perché ha permesso ai propri cittadini di non doversi mai trovare in una situazione di carenza di cibo.”
Sarà allora importante la ricerca, l’innovazione, la formazione e la creazione di networks per consentire la transizione per un settore che vuole modernizzarsi con professionalità e rigore auspicando un rinnovato patto sociale per un’agricoltura che sia sostenibile e inclusiva.
Raffaele M. Maiorano è un imprenditore agricolo in Calabria e nelle Marche dove produce Pecorino Crotonese DOP, olio extravergine di oliva biologico, cereali, ortaggi ed agrumi. È delegato nazionale per gli Sdg’s e lo sviluppo sostenibile in Confagricoltura Docente di management dell’agroalimentare all’Università di Camerino, coordina il master in Agribusiness Management alla Rome Business School; assiste molte startup innovative della filiera agroalimentare. Laureato in economia e finanza, ha un passato da giornalista – lavorando per quotidiani nazionali, riviste ed agenzie parlamentari – ed è stato presidente nazionale dei Giovani di Confagricoltura – ANGA per sei anni oltre che membro dell’Advisor Board di Carrefour e interim chairman del Gfar, il Global forum on agricultural research and innovation alla FAO.