Nel 2020 l’insorgere della pandemia da covid-19 ha rappresentato una vera e propria sfida per il mondo del lavoro.
Le misure di contenimento della diffusione del virus – il lockdown durante la prima fase dell’epidemia e le successive politiche di distanziamento sociale – hanno avuto un impatto determinante sulle imprese e sulle Amministrazioni Pubbliche che hanno favorito la diffusione dello smart working, ove possibile, per preservare la continuità dell’attività lavorativa.
Nel nostro Paese si stima che quasi 9 milioni dei lavoratori del settore pubblico e privato – che corrisponde a poco meno del 40% degli occupati – abbiano lavorato in modalità “remota”: tuttavia è necessario ricordare che l’applicazione dello smart working in Italia è antecedente alla pandemia e normata dalla legge n. 81 del 22 maggio 2017.
L’innovazione digitale nel mondo del lavoro potrà rappresentare definitivamente l’elemento propulsivo di una dimensione di crescita, questa volta più matura, soltanto se saprà assicurare una buona qualità della vita lavorativa, anche sotto l’aspetto psicologico. Il lavoro, infatti, riveste un ruolo centrale nell’identità della maggior parte degli individui, perché fonte di riconoscimento e integrazione sociale.
Sotto questo punto di vista la pandemia ha fatto nascere una nuova sensibilità culturale, che sta imponendo una rivoluzione dell’organizzazione del lavoro attraverso la promozione della centralità del “fattore umano” ed iniziative volte ad assicurare la salute mentale degli occupati, tutte leve strategiche per la creazione di un “valore condiviso” sul lungo periodo.
Sulla tematica del benessere mentale sui luoghi di lavoro ci siamo confrontati con il professore Fabio Pisi Vitagliano, Docente del Master in Human Resources Management presso la Rome Business School che ha affermato:
“Il benessere mentale dei lavoratori è un argomento di estrema importanza. A mio avviso questa tematica deve essere affrontata con un approccio maieutico: come ci hanno insegnato Socrate e Platone. Bisogna guardare all’individuo nella sua complessità se vogliamo assicurare un suo equilibrio tra benessere fisico, spirituale ed emotivo. Tutti i luoghi di lavoro sono naturali ambienti di aggregazione e le azioni top-down, se correttamente orientate, possono attuare efficaci azioni che favoriranno l’equilibrio di cui sopra e influenzeranno positivamente i comportamenti dei singoli. Le persone felici influenzano positivamente il contesto in cui interagiscono.”
Una buona salute mentale è fondamentale per la salute in generale. Diversi fattori possono influenzarla lungo l’arco di tutta la vita, uno di questi è certamente, come detto, correlato all’ambito lavorativo.
Infatti, la soddisfazione e l’insoddisfazione professionale devono essere considerate come aspetti di un concetto unico, piuttosto che come due concetti distinti. É del tutto evidente, sotto questo punto di vista, che ad una esigenza pragmatica – la ricerca di una stabilità economica – si affianca un’aspirazione ideale dell’espressione del sé e della propria crescita professionale.
Nel corso degli ultimi due anni è aumentata progressivamente la consapevolezza che lo stress correlato al lavoro ha delle conseguenze indesiderate sulla salute degli individui e di conseguenza anche su quella delle organizzazioni di appartenenza.
Infatti, il perdurare della pandemia ha prodotto notevoli segni di stanchezza definiti dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, come pandemic fatigue, ovvero l’accumulo di stress legato alla mancanza di contatto umano, che oltre ad avere un impatto negativo sulla dimensione privata, sta intaccando anche gli ambiti economici e organizzativi.
Lo smart working, infatti, se ha permesso da una parte l’aumentata possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro, dall’altra ha fatto emergere criticità che possono avere effetti anche sulle relazioni tra colleghi. Gli occupati in alcuni casi sono persino arrivati alla disaffezione verso il proprio impiego “da remoto” perché lo hanno interpretato come un detrimento del proprio ruolo, o talvolta percepito come distanza dagli eventi e quindi impedimento al “governo”, in presa diretta, delle attività necessarie al raggiungimento di propri specifici risultati.
“Ognuno di noi ha un sistema di sopravvivenza. La rivoluzione culturale post-pandemica deve portarci al superamento del concetto di lotta professionale sul proprio posto di lavoro. E’ necessario creare un contesto in cui le persone possono avere connessioni profonde e permettere al cervello una comunicazione tra il pensiero razionale e quello emotivo per superare reazioni di distacco che spesso sono fisiologicamente conseguenti a situazioni che possono essere vissute come ostili.”
L’attenzione per i propri collaboratori, patrimonio delle organizzazioni anglosassoni, si sta diffondendo anche nella cultura aziendale italiana.
In questa ottica le organizzazioni iniziano a porre in essere tutte quelle azioni per il superamento della sindrome di burnout da smart working, cioè quella forma di esaurimento determinata da una condizione di stress cronico da contesto lavorativo, non gestito correttamente, nella quale viene percepito uno squilibrio tra richieste ed esigenze professionali e risorse disponibili e che porta ad impegno lavorativo troppo oneroso per l’impossibilità di staccarsi dal computer, riducendo i propri spazi extra-lavorativi.
Il burnout non va sottovalutato considerandone i sintomi importanti: la demoralizzazione e la negatività introitate possono sfociare, talvolta, in altri disturbi molto complessi da affrontare.
“Tutte le organizzazioni che investiranno in attività con un forte impatto positivo sui dipendenti, come ad esempio programmi di meditazione, potranno ottenere degli ottimi feedback in termini di miglioramento del clima organizzativo e della produttività aziendale, perché dimostreranno concretamente quanto i vertici tengano alla loro soddisfazione. Anche lo Yoga può rappresentare un momento importante da condividere perché questa disciplina, erroneamente considerata per lo più come un modo per superare problemi fisici, ha la funzione spirituale di coniugare corpo e anima, come si evince dalla sua etimologia che significa proprio unione. Nulla è più importante per una organizzazione della promozione dell’auto-efficacia del singolo, del senso di appartenenza ad una comunità per rafforzare il coinvolgimento di tutti i suoi elementi. Si assisterà anche ad una ricaduta positiva sulla produttività perché investire sul capitale umano fa impennare la performance.”
Con il termine della pandemia sembrano prendere forma progressivamente nuove forme produttive: molte aziende e Amministrazioni Pubbliche adotteranno, infatti, un mix di prestazioni da remoto e in presenza.
Naturalmente lo sviluppo di quello che possiamo definire il nuovo ecosistema aziendale non avrà come obiettivo la sola gestione della transizione del Post Covid, ma la realizzazione di una nuova dimensione di normalità.
In questo scenario le Risorse Umane giocano un ruolo di primaria importanza. I nuovi paradigmi pongono al centro dell’agire aziendale il dialogo attivo tra i diversi livelli, per comprendere verso quale direzioni si sono orientate le esigenze dei dipendenti durante e dopo la pandemia. La tendenza, infatti, è quella di superare gli approcci standardizzati e orientarsi verso un approccio personalizzato, perché ogni individuo risponde agli stimoli in maniera diversa. Insomma investire nel benessere mentale dei dipendenti consentirà alle organizzazioni di poter contare su una forza lavoro più produttiva e, elemento non meno importante, trattenere e attrarre i talenti migliori.
“Sono molte le aziende impegnate in progetti di co-creazione di contesti dove le persone possono esprimere il loro lato spirituale, dove il benessere mentale riveste un ruolo prioritario. Il cambiamento sta avvenendo lentamente, ma il percorso si avvia verso la direzione di un costante dialogo tra dipendenti e manager, soprattutto top manager, che favorisce la creazione di un ambiente dove, ad ogni livello, si può prima riconoscere, successivamente esprimere ed infine realizzare la propria profonda aspirazione, tramite l’attività lavorativa.
Questo permetterà di vivere il proprio lavoro con una piena soddisfazione, con creatività persino con leggerezza. La stessa pienezza di sentimenti di quando si vive uno stato di innamoramento. Quando in un contesto lavorativo si percepisce la coerenza delle scelte e la condivisione delle stesse tra i vertici e i dipendenti, si è raggiunta la quadratura del cerchio. I lavoratori vivono in serenità in un luogo confortevole e i loro risultati in termini performance sono migliori come migliori risultano essere anche i risultati complessivi delle aziende”.
Fabio Pisi Vitagliano è un executive coach di COCREA, facilitatore e professore con circa vent’anni di esperienza acquisita presso importanti società operanti nel settori delle telecomunicazioni, formazione, no-profit e consulting, in Italia e all’estero. La sua missione è sostenere le organizzazioni a raggiungere i propri risultati attraverso l’autorealizzazione delle persone, ed aiutare le persone e a raggiungere i loro obiettivi e con la piena espressione del loro potenziale, nella vita professionale e privata. Applica un approccio trasformazionale che permette ai clienti di acquisire maggior consapevolezza dei propri meccanismi automatici, inconsci di sopravvivenza, e di unire l’intelligenza della mente e l’intelligenza del cuore per realizzare duraturi cambiamenti di mindset e di comportamento.
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