Tokyo 2020 non è stata la prima Olimpiade a non essere disputata nell’anno previsto all’assegnazione. Nella storia dei Giochi Olimpici moderni ci sono tre precedenti simili.
Infatti, le edizioni di Berlino 1916, Tokyo 1940 e Londra 1944 furono annullate e recuperate molti anni dopo a causa delle due guerre mondiali. Dopo il primo annullamento del 1916, i Giochi olimpici estivi ripresero ad Anversa nel 1920 e vennero organizzati regolarmente fino al 1936. Nel 1924 si disputarono le prime Olimpiadi invernali, che da allora iniziarono ad essere organizzate con la solita cadenza quadriennale. Nel 1940, tuttavia, si dovettero fermare ancora a causa della Seconda guerra mondiale, evento che coinvolse direttamente il Giappone, Paese che avrebbe dovuto ospitare i Giochi invernali a Sapporo e quelli estivi appunto nella capitale Tokyo.
Con le Olimpiadi di Tokyo 1940 il Giappone puntava ad essere il primo Paese asiatico scelto come organizzatore dei Giochi moderni ed a ristabilire la sua immagine internazionale dopo il peggioramento delle relazioni diplomatiche con i le potenze occidentali. A meno di un anno dall’assegnazione però, il Parlamento nipponico chiese espressamente l’annullamento della manifestazione in concomitanza con l’inizio della seconda guerra sino-giapponese.
Nello stesso anno il CIO assegnò l’organizzazione a Helsinki, la seconda candidatura più gradita nel processo di assegnazione. La capitale finlandese avrebbe dovuto ospitare i Giochi dal 20 luglio al 4 agosto 1940, ma l’anno precedente in Europa iniziarono i combattimenti della Seconda guerra mondiale: il CIO fu costretto ad annullare l’edizione. Helsinki venne successivamente “risarcita” con le Olimpiadi del 1952 mentre a Tokyo fu assegnata l’edizione del 1964.
Nonostante il loro rinvio di un anno i Giochi hanno continuato a chiamarsi ufficialmente “Olimpiadi e Para olimpiadi di Tokyo 2020”, una scelta simile a quella adottata dalla UEFA dopo il rinvio degli Europei di calcio. Una soluzione “forzata” dalla portata degli eventi e dai tempi ristretti dei rinvii. Sarebbe stato infatti impossibile per gli organizzatori di Tokyo 2020 correggere e rimpiazzare tutta la comunicazione prodotta dal 2013 (anno dell’assegnazione ufficiale da parte dei CIO) ad oggi, sia fisicamente che nell’immaginario collettivo formatosi in questi anni: si chiamano Olimpiadi di Tokyo 2020 da sette anni – tradotto: sette anni di investimenti milionari in marketing, promozione, merchandising, eccetera – e questo non potrà essere cambiato in poco più di un anno.
Nonostante il disastro economico che un annullamento definitivo dei Giochi avrebbe provocato, la maggioranza della popolazione giapponese si è opposta fino all’ultimo allo svolgimento dei Giochi. Uno dei motivi principali riguarda la lentezza del piano vaccinale, entrato a regime solo di recente: a un mese dalle Olimpiadi, infatti, la maggior parte dei giapponesi doveva ancora ricevere la prima dose del vaccino anti Covid-19.
Oltre alla questione COVID, le proteste hanno anche riguardato il rincaro dei servizi autostradali attorno alla città di Tokyo (mantenuti nonostante l’assenza del pubblico in presenza) e l’impossibilità da parte degli spettatori di partecipare agli eventi, compresa la tanto attesa cerimonia di apertura.
Inizialmente, infatti, si era pensato alla possibilità di consentire l’accesso “limitato” al pubblico in presenza (come avvenuto per gli Europei di calcio), ipotesi che avrebbe preservato parte dello spettacolo e degli incassi, ma senza dubbio anche dato un ulteriore grattacapo agli organizzatori. Secondo le stime ufficiali, sarebbero stati circa 3,64 milioni i biglietti ancora nelle mani dei tifosi giapponesi (soltanto circa 800mila sono stati rimborsati ad oggi). Il comitato organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo aveva anche annunciato una lotteria tra i possessori di biglietti, per determinare chi avrebbe potuto partecipare alle cerimonie di apertura e chiusura, nonché ad alcune sessioni di atletica e alle gare di altri sette sport.
L’opzione della lotteria però è venuta meno con l’annuncio dello stop al pubblico.
Il problema principale per i tanto criticati Giochi Olimpici di Tokyo non riguarda soltanto gli spettatori, ma anche e soprattutto gli sponsor che, a pochi giorni dall’accensione della fiamma olimpica, hanno deciso di cancellare o ridurre gli eventi promozionali inizialmente previsti. A tal proposito, la decisione più eclatante è quella del colosso automobilistico Toyota. Il ritiro del marchio giapponese dai Giochi riflette la scelta, di non vedere il proprio brand associato ad un evento potenzialmente negativo, in considerazione dell’alto livello di contrarietà all’interno dell’opinione pubblica e dei rischi legati al diffondersi dei contagi.
Sta di fatto che il bilancio preventivo dei Giochi stimava di raccogliere 800 milioni di dollari di entrate dalla vendita di circa 7,8 milioni di biglietti. Ne sono stati venduti meno della metà che però ora andranno rimborsati.