Roma, 28 settembre 2021. Rome Business School ha pubblicato il rapporto ‘Produttività del lavoro e l’equilibrio lavoro-vita’, in cui si offre una diagnosi del livello di produttività in Italia e la conciliazione personale e familiare, attraverso un confronto internazionale con la Francia e la Spagna. Lo studio è stato realizzato in collaborazione con l’EAE Business School (Spagna) e l’EDC Paris Business School (Francia). Le tre Business School sono membri del Grupo Planeta Formación y Universidades.
Lo studio afferma che il 30% degli italiani ritiene che lo smart working aiuti la conciliazione dei piani lavorativo, personale e familiare, ma più del 40% dichiara di non poter lavorare a distanza nonostante la presenza tra gli intervistati di profili amministrativi o di incarichi intermedi del settore privato e del settore pubblico. Tuttavia, non tutti gli italiani hanno valutato lo smart working in maniera positiva: il 12,5% afferma di avere una qualità di vita peggiore e il 17% non riesce a conciliare la vita familiare con il lavoro a distanza. Sono soprattutto le donne a dichiararsi contro lo smart working rispetto agli uomini: il 15% delle donne, contro il 9% degli uomini. Queste lamentano gli aspetti negativi del lavoro da remoto legati in particolare alla gestione delle responsabilità familiari e della casa.
L’Italia guida la classifica europea in ore settimanali dedicate alla cura personale e al tempo libero, con 16,5 ore, davanti alla Francia (16,4) e alla Spagna (15,9). Tuttavia, quasi il 30% degli intervistati italiani ha incontrato gravi difficoltà nel disconnettersi e nel riposare.
Lo smart working e il divario di genere
L’economia italiana è stata fortemente colpita dalla crisi sanitaria, con un calo del PIL del 7,8% nel gennaio 2021 rispetto allo stesso mese del 2020. Tuttavia, anche se durante la prima metà dell’anno il PIL dell’Italia è stato più elevato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, la situazione economica ha colpito fortemente l’occupazione, e in particolare la situazione lavorativa delle donne.
In ambienti privi di spazi dedicati al lavoro (20% dei casi), o da condividere con altri familiari e figli piccoli (il 31% ha condiviso gli spazi di lavoro con figli under 12), i problemi di concentrazione sono stati l’ostacolo principale. Particolarmente vero per le donne: lo smart working ha visto le madri lavoratrici farsi carico della maggior parte delle incombenze domestiche, portando a considerare che lo smart working favorisca maggiormente gli uomini. A conferma di tale tesi: alla domanda “smart working sì o no?” il 15% delle donne è per il no (solo il 9% della controparte di sesso maschile si esprime allo stesso modo).
Questo dato conferma ulteriormente la condizione di svantaggio in cui si trovano le donne italiane: nell’ultimo rapporto del WEF – World Economic Forum, viene evidenziato come, nonostante l’Europa occidentale abbia raggiunto una percentuale del 70% della chiusura del gender gap nel sotto indice economico, “ci sono 24 punti percentuali fra l’Islanda con l’84,6%, la prima nella classifica globale, e l’Italia con il 61,9%, il livello più basso della regione”.
La sfida delle pubbliche amministrazioni
Mentre prima del covid-19 in Italia gli occupati che lavoravano a distanza erano solo il 3%, l’emergenza sanitaria ha portato il 34% degli occupati a lavorare da casa: circa 7 milioni di persone, di cui 2 milioni lavoratori della Pubblica Amministrazione. Ma l’uso dello smart working va visto sulla base dell’efficienza e della produttività.
Secondo un sondaggio effettuato dall’Ufficio Studi di Confartigianato l’Italia è fanalino di coda nella classifica della soddisfazione per i servizi pubblici nei maggiori Paesi UE (Germania, Francia e Spagna) prima e durante la pandemia da covid-19. A livello UE, infatti, gli italiani risultano essere i meno soddisfatti sulla qualità dei servizi pubblici (25%), preceduti soltanto dalla Grecia (24%). Il 54% dei cittadini dell’UE, intervistati durante la pandemia (luglio-agosto 2020) si è detto soddisfatto dei servizi pubblici nazionali. Questa insoddisfazione potrebbe essere ridotta se i lavoratori ricevessero una formazione adeguata e pertinente. Infatti, il 74% degli italiani evidenzia l’imminente necessità di essere formati sulle potenzialità dello smart working e sulla digitalizzazione del lavoro.
Lo smart working in Spagna e Francia
La Francia è uno dei paesi più avanzati nelle politiche di conciliazione, il che si riflette nel suo tasso di natalità, che si colloca al di sopra della media dei paesi dell’OCSE. La Spagna, all’opposto, registra il tasso di natalità tra i più bassi dell’ultimo decennio tra i paesi europei.
Contrariamente all’Italia e alla Spagna, i lavoratori francesi dicono di non aver subito un grave prolungamento dell’orario di lavoro a causa del lavoro a distanza. Il 65,9% dice di continuare a svolgere lo stesso ammontare di ore, contro il 9,5% che sostiene di farne di più. Tuttavia, per quanto riguarda il “rilassarsi”, lo studio osserva che la popolazione francese ne è stata particolarmente preoccupata, poiché il 30% “non stacca mai” o lo fa raramente.
Nel caso della Spagna, più del 30% dei lavoratori afferma che il lavoro da casa ha comportato un aumento della propria produttività, mentre quasi il 40% afferma che lo smart working ha aiutato la conciliazione personale, familiare e lavorativa. Tuttavia, analogamente all’Italia, quattro spagnoli su dieci dichiarano di non poter lavorare da casa per la propria professione.
L’impatto economico della pandemia: ottimismo rovesciato nel 2024
La pandemia da covid-19 ha ridotto dell’8,8% il numero di ore lavorate in tutto il mondo nel 2020, il che equivale a una perdita di 255 milioni di posti di lavoro a livello globale. Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la produttività aumenterà dal 2024 e in Asia ci saranno quattro dei paesi con il PIL più alto del mondo. Si prevede che la Cina, la cui crescita economica è in aumento dagli anni 90, supererà gli Stati Uniti e diventerà l’economia più grande del mondo. Le previsioni fanno dell’India e dell’Indonesia la seconda e la terza potenza mondiale, portando il Giappone al quarto posto. Le proiezioni del FMI indicano anche che tre paesi europei sarebbero tra le 10 potenze mondiali: la Germania, al settimo posto, seguita dalla Russia, mentre il Regno Unito e la Francia chiuderebbero la classifica al nono e al decimo posto.