L’Italia è il primo produttore farmaceutico dell’UE e l’industria farmaceutica rappresenta un vero e proprio asset strategico per l’economia del paese. Rispetto ai partner dell’UE, l’Italia è il primo Paese per produzione di medicinali (31,2 miliardi) con la più alta crescita dell’export (dal 2007 al 2017 +107% rispetto a +74%) e degli investimenti in R&S (dal 2012 +22% vs 16%).
Le imprese del farmaco e il loro indotto generano occupazione su tutto il territorio nazionale ed è il settore con la più alta crescita dal 2007 al 2020 e, negli ultimi due anni, è il comparto che ha aumentatomaggiormente l’occupazione (+4,5% vs +1,5% della media manifatturiera), assumendo dal 2014 circa20mila nuovi addetti:
I numeri sono destinati a salire ed entro la fine del 2021 le imprese del farmaco hanno in programma di assumere 2.500 – 3 mila nuovi professionisti. Si stima, inoltre, che circa la metà dei nuovi ingressi si troveranno di fronte a mansioni del tutto nuove. La parola d’ordine pertanto è «multidisciplinarità» ovvero alle competenze medico specifiche vi si affiancheranno anche nuove skills, ad esempio ingegneristiche, matematiche, informatiche; e capacità di lavorare in team. Il tutto, quindi, richiederà una formazione elevata di carattere tecnico-specialistico. Già oggi del resto il 90% degli addetti farmaceutici è in possesso di laurea o diploma di scuola superiore; e dal 2014 sono stati assunti circa 20mila addetti e l’81% della crescita degli occupati è per under35 (di cui l’80% a tempo indeterminato).
Come sottolineato dal presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi., quello farmaceutico “è un settore in profondo cambiamento, con almeno 100 nuove figure professionali che si delineeranno nei prossimi 10 anni, alcune delle quali non le abbiamo neanche ancora identificate”.
Il comparto richiede soprattutto medici, ma c’è spazio anche per le tante lauree scientifiche (Biologia, Chimica e Farmacia), per i settori umanistici (Economia e Giurisprudenza) e, in particolare, per ingegneri,matematici e informatici considerati sempre più essenziali nel contesto delle future professioni dell’industria farmaceutica.
Da questo quadro emerge quindi la necessità di più giovani, laureati, laureandi e specializzandi in discipline di carattere STEM, acronimo Americano di Science, Technology, Engineering and Mathematics. Sono proprio gli effetti della digitalizzazione nella farmaceutica che creeranno nuove opportunità di lavoro anziché sostituirlo. «Ciò succederà in particolare nelle aree dedicate all’innovazione – ha spiegato Scaccabarozzi – accrescendo la capacità di produrre ed elaborare dati per rendere più efficienti le fasi di ricerca e migliorare l’efficacia delle terapie, nella produzione, trasformando i processi manifatturieri e distributivi, nell’accesso al mercato, cambiando i modi di comunicare con gli stakeholder e le modalità di monitoraggio dei risultati».
La tendenza di fondo a questo proposito è quella di far evolvere la maggior parte dei ruoli già esistenti aggiungendo nuove competenze: nell’R&D ad esempio, il classico ricercatore, il tecnico di laboratorio, l’analista dati, dovranno aggiornare le proprie competenze sfruttando l’innovazione e le nuove tecnologie, dagli algoritmi di intelligenza artificiale per la scoperta di nuovi farmaci, all’uso di applicazioni e dispositivi di realtà virtuale per set-up di test clinici, all’elaborazione di grandi quantità di dati provenienti da fonti diverse, all’utilizzo di modelli di simulazione per lo sviluppo di molecole, alle applicazioni di blockchain. Dando vita a profili professionali quali data scientist ed esperti di machine learning in grado di programmare algoritmi specifici, esperti di cybersecurity e di blockchain o manager digitali in grado di gestire al meglio i dati dei trial clinici.
Un altro esempio sono lo sviluppo dei ruoli nell’area di produzione e supply chain, dove le nuove competenze richieste agli addetti, dal supply chain manager al responsabile di magazzino, riguarderanno l’uso di reti e sensori per la raccolta dei dati di produzione, l’uso di nuovi macchinari manifatturieri, analisi di dati complessi, l’uso di software e macchinari per la realtà aumentata. Ed anche nell’area di produzione sarà notevole lo sviluppo delle nuove figure professionali come ad esempio: digital performance manager, ingegneri in grado di programmare algoritmi di big data per analizzare i flussi di produzione in tempo reale, ingegneri di telecomunicazion, esperti di cybersecurity, esperti di cloud informatici, ingegneri in grado di programmare algoritmi di process automation per robot industriali etc.
Abbiamo poi l’area relativa all’accesso su mercato ed a tutte le sue dinamiche in cui ai classici ruoli di sales&account manager, marketing manager, channel manager etc si affiancano nozioni digitali, dando vita a profili come: therapeutic area manager, del clinical project manager, del data analyst, del digital marketing manager, del web community manager e del network builder.
È quindi questo il momento giusto per sperimentare, il mondo e la tecnologia sono in continuo divenire e così anche il mercato del lavoro che non subisce un freno bensì si adatta continuamente alle esigenze della socità e dei cambiamenti economici, umani, ambientali e sostenibili.
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