Il mondo sta cambiando alla velocità della luce.
La digitalizzazione, la globalizzazione ed i cambiamenti demografici stanno avendo un profondo impatto sulla nostra vita, sulle nostre culture, sulle nostre società. Questi ed altri macro-trend stanno trasformando rapidamente il modo in cui interagiamo con i nostri amici e le nostre famiglie, il modus operandi delle imprese, i beni e servizi che utilizziamo e, nel complesso, la nostra vita quotidiana.
La nostra istruzione e salute, la distribuzione del reddito e della ricchezza, le nuove professioni e il modo in cui lavoriamo sono tutti elementi particolarmente sensibili a questi cambiamenti. Viviamo in un’era di trasformazione e, senza dubbio, la flessibilità e il multitasking rappresentano la “nuova normalità”.
Come ogni rivoluzione, anche questa è carica di opportunità. La cooperazione multilaterale, l’integrazione internazionale e regionale e la complessa interdipendenza globale che si sono sviluppate negli ultimi decenni, hanno moltiplicato queste opportunità. Le nuove tecnologie hanno modificato radicalmente le carte in tavola e ormai fanno ampiamente parte della nostra vita quotidiana. Sempre più persone e dispositivi si connettono al web, mentre l’intelligenza artificiale si sta diffondendo non troppo silenziosamente.
Blockchain ed altre tecnologie stanno diventando parole sempre più diffuse e di uso comune. Ciò sta ampliando la nostra capacità di promuovere una maggiore crescita della produttività, servizi migliori, e consente inoltre di far emergere nuovi modelli di business e modi innovativi di lavorare, offrendo maggiore flessibilità a datori di lavoro e lavoratori. Ma ci sono anche sfide molto impegnative, riguardanti specialmente il futuro del lavoro.
I lavori di “medio livello” sono sempre più esposti a questa profonda trasformazione e il 14% dei lavori esistenti potrebbe scomparire a causa dei processi di automazione nei prossimi 15-20 anni e un altro 32% potrebbe cambiare radicalmente man mano che le singole mansioni vengono automatizzate.
Molte persone e comunità sono rimaste indietro e non hanno saputo o, nella maggior parte dei casi, potuto cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione, mettendo in luce l’enorme un divario digitale persistente nell’accesso alle nuove tecnologie che sta generando notevoli e sempre più marcate disuguaglianze socioeconomiche di carattere generazionale. Inoltre, come emerso a Davos durante il World Economic Forum del 21-24 gennaio 2020, la questione di genere continua ad essere la nota dolente e al tempo stesso il punto centrale su cui i governi dovranno concentrarsi per impostare le prossime riforme del lavoro, partendo magari dalla riduzione del cosiddetto gender pay gap, ovvero il divario retributivo uomo-donna che, a parità di mansione e livello di formazione, vede ancora il salario femminile nettamente inferiore rispetto a quello dei colleghi uomini.
In questo contesto, all’apparenza complesso, abbiamo focalizzato l’attenzione della nostra ricerca sull’attenzione sulle persone, sul benessere e su quanto il gap di genere rappresenti un freno al progresso economico. Nell’era digitale e nel nuovo panorama caratterizzato da una sempre più frenetica richiesta di flessibilità, è importante che le persone sentano di essere supportate nella ricerca di nuove e migliori opportunità.
Il ritmo e la velocità di questo cambiamento richiedono un’azione politica rapida e decisa, ispirata ad un nuovo modello di crescita, più inclusiva e più sostenibile. Avanza quindi la convinzione secondo cui il modello basato sulla completa devozione al lavoro incide in modo negativo sulla qualità dell’impiego a causa di ritmi molto stressanti che penalizzano in particolar modo le donne.
A tal proposito, abbiamo analizzato il caso dell’Italia, che occupa gli ultimi posti tra i paesi industrializzati per la qualità del suo impiego proprio a causa di un ritardo in ambito di Smart Working, unito ad un’endemica assenza di stabilità lavorativa. In merito alle implicazioni, un modello di lavoro basato sul conteggio delle ore passate in ufficio penalizza l’inserimento e l’affermazione delle donne, specialmente quando si tratta di ruoli manageriali, portando quindi il Bel paese tra le ultime posizioni per tasso di occupazione femminile ed incidendo di conseguenza negativamente sul tasso di natalità.
L’Italia, infatti, è il paese Ue con il secondo calo più vistoso di nuovi nati tra 2013 e 2017 (-10,9%), dopo la Finlandia (-13,4%) e presenta un bassisimo tasso di fecondità (1,29) con un’età media delle madri al parto e dei padri alla nascita del primo figlio molto elevata (rispettivamente 31,99 e 35,49 anni). Trovare quindi il giusto equilibrio tra lavoro e vita quotidiana è una sfida che tutti i lavoratori devono affrontare e, in questo contesto, le famiglie risultano essere le più colpite. La capacità di combinare con successo lavoro, impegni familiari e vita personale diventa fondamentale per il benessere di tutti i membri della famiglia.
I governi possono aiutare a risolvere questo problema stimolando la solidarietà professionale, le pratiche di lavoro flessibili che facilitano il raggiungimento di un migliore equilibrio tra lavoro e vita personale e mettendo al centro del dibattito politico-sociale le disuguaglianze di genere.
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