Alla voce “nostalgia”, il sito Treccani.it recita: “Desiderio acuto di tornare a vivere in un luogo che è stato di soggiorno abituale e che ora è lontano […]. Per estensione, stato d’animo melanconico, causato dal desiderio di persona lontana (o non più in vita) o di cosa non più posseduta, dal rimpianto di condizioni ormai passate, dall’aspirazione a uno stato diverso dall’attuale che si configura comunque lontano”.
La nostalgia è un sentimento potente, ma dai contorni indefiniti: è una sensazione di struggimento che porta a vagheggiare un tempo ormai perduto e ricordato come più felice di quello attuale. I marketer, anche grazie agli ultimi studi di neuromarketing, sono consapevoli delle forza delle emozioni e sanno che attingere alla memoria (collettiva e personale) è una tattica efficace per creare engagement, sia tra i Millenials, ossia la generazione nata fra i primi anni ’80 e il 2000, che tra i nati degli anni ’60 e ’70 (la cosiddetta Generazione X). Di qui nasce la definizione di marketing nostalgico, cioè il marketing che fa leva su personaggi, atmosfere, mode, eventi, prodotti del passato recente per creare una connessione emotiva con il proprio pubblico.
In particolare, i Millenials si sono ritrovati immersi in una crisi storica che ha minato le certezze e reso il futuro un’incognita, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista geopolitico: rifugiarsi nel passato è una logica conseguenza della precarietà dei nostri giorni.
A questo dobbiamo aggiungere che, in un momento di crisi, la crescita si riduce e, di pari passo, diminuisce la possibilità di spesa delle nuove generazioni. Rivolgersi alla Generazione X, forse l’ultima con una certa stabilità economica, è un’ottima strategia, perché disposta a spendere per rivivere gli anni “ruggenti” della giovinezza attraverso prodotti che li rievocano. Se pensiamo poi che gli anni ’80 sono stati gli anni della spensieratezza per antonomasia, ricca di prodotti, film, band di culto, capiamo che il marketing nostalgico ha tanti strumenti a disposizione per fare breccia nel cuore di questa generazione.
Associare un brand alle icone e marchi degli anni ’90, ’80 e ’70 non solo lo rende “umano” (e quindi vicino alle persone), ma crea connessioni significative fra il passato e il presente, a tutto vantaggio della strategia di marketing.
Molti brand hanno deciso di sfruttare il marketing nostalgico e “flirtare” con millenialse generazione X per creare engagement e, soprattutto, vendere.
L’esempio più eclatante è Pokemon Go, l’app che Nintendo ha lanciato qualche mese fa e che ha avuto numeri da far girar la testa. Al di là delle caratteristiche del gioco, i nati nella seconda metà degli anni ’80 hanno ritrovato personaggi familiari della propria infanzia e questo ha indubbiamente contribuito ai numeri da capogiro (anche se dopo l’entusiasmo iniziale c’è stato l’inevitabile calo).
Accanto a Pokemon Go, Nintendo a breve rilancerà una delle console più amate, il Nes, che ha fatto furore fra gli anni ’80 e i primi anni ’90. Il Nes Classic Mini sarà disponibile dal prossimo 11 novembre: avrà cavo HDMI per collegarlo ai televisori di nuovissima generazione e 30 giochi preinstallati.
Nintendo è in buona compagnia: Spotify per i propri spot ha scelto icone leggendarie come Atreyu e Falkor, protagonisti di un film cult come La Storia Infinita, mentre Adidas è alle prese con il rilancio delle sue Gazelle, amatissime dal pubblico. Anche l’industria cinematografica non è da meno: sono sempre più frequenti i reboot di film di successo (come Ben Hur e Ghostbusters) e in occasione del trentennale di Ritorno al futuro, altra pellicola di culto, non si sono contate le celebrazioni e le iniziative di marketing.
Dunque, fare leva sulla nostalgia è un’ottima strategia per creare un forte legame emotivo con il proprio target.