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Le PMI sono il motore della ripartenza, la digitalizzazione la chiave. Studio di Rome Business School

  • In Italia, tre PMI su quattro hanno resistito alla crisi generata dalla pandemia;
  • Lo stato di digitalizzazione delle PMI italiane è ancora in fase preliminare in tutta la penisola, non c’è una netta distinzione tra nord e sud;
  • L’economia circolare, la digitalizzazione, gli imprenditori e la propensione Made in Italy, sono chiavi per la ripartenza economica e per sfruttare al meglio il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR);
  • Un’altra delle chiavi della ripartenza sono le imprese a conduzione familiare (85% delle imprese italiane), responsabili del 70% dell’occupazione.

Roma, 28 ottobre 2021. Rome Business School, la business school parte del network Formación y Universidades da De Agostini e dal Gruppo Planeta, ha pubblicato lo studio: “L’imprenditorialità italiana. Analisi dei trend di successo per la ripresa economica del Paese”. La ricerca, a cura di Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca della Rome Business School e Katerina Serada, Fondatrice del SDG Hub (Center for Sustainable Economies and Innovation), analizza le principali sfide e le opportunità per le imprese e gli imprenditori italiani che emergono e resistono nel contesto post-pandemico attuale e futuro.

Secondo Valerio Mancini, per riprenderci dalle conseguenze economiche del Covid-19 dobbiamo build back better: “L’Italia ha bisogno di fare dei cambiamenti strutturali per tenersi al passo con i tempi, con le nuove tecnologie e le nuove esigenze dei consumatori. La resilienza degli imprenditori che ha fatto resistere 3 su 4 PMI durante la pandemia, deve essere affiancata a percorsi di crescita, miglioramento e ottimizzazione delle risorse”.

La ricerca propone quattro tendenze e opportunità che possono rivelarsi chiave per la ripresa economica del Paese:

Il passaggio all’economia circolare e sostenibile

L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e dei prodotti esistenti il più a lungo possibile. Per effettuarla in maniera efficiente, si devono implementare nuove pratiche gestionali e soluzioni tecnologiche per migliorare l’utilizzo delle risorse e rendere i processi più sostenibili e passare dal modello gestionale lineare “take-make-dispose” a quello “reduce, reuse, recycle”.

Nel caso dell’Italia, sarebbe ideale per ridurre la dipendenza che si ha dalle materie prime provenienti dall’estero: la dipendenza dal mercato globale per la fornitura di materie prime sta aumentando in tutto il mondo (il 70% di tutti i Paesi sono importatori netti) e l’Italia ha una dipendenza dal commercio internazionale più alta della media del G20, il che si traduce in una maggiore dipendenza dai mercati esteri e, di conseguenza, un grande rischio per la competitività delle PMI e dell’industria italiana.

Se attuata bene, in Italia, l’economia circolare stimolerebbe la creatività degli imprenditori e amplierebbe la gamma di prodotti realizzati con materiali rinnovabili e riciclati, nonché design innovativi, trasformando una serie di problematiche proprie del sistema produttivo nazionale in delle opportunità per le PMI italiane. Questo si tradurrebbe in grandi grandi benefici, non solo per i consumatori e l’ambiente, ma anche per le imprese, possono nascere dall’utilizzo di un “design sostentibilie”. Infatti, lo studio riporta che le aziende che eccellono nel design aumentano le entrate ad un tasso quasi doppio rispetto ai competitor meno sensibili a questo fattore.

La digitalizzazione

Lo stato di digitalizzazione delle PMI italiane è ancora in fase preliminare. Secondo il “Digital Infrastructure Index” (Ernst & Young, 2020), il ritardo digitale del nostro Paese e la necessità di rilancio dell’economia italiana attraverso la digitalizzazione, indicano l’urgente bisogno di accelerare gli investimenti nelle infrastrutture digitali, sulla base non solo delle prospettive del mercato consumer, ma anche e soprattutto sui business needs delle imprese. La filiera produttiva italiana mostra due diverse facce: non esiste lo storico divario nord-sud in quanto il deficit tecnologico, la mancanza di un vero e proprio modus operandi digitale implementato a livello di impresa, è presente in tutta Italia.

Inoltre, secondo l’ISTAT la digitalizzazione aumenta la creatività e fa risparmiare. Essa infatti gioca un ruolo fondamentale nella riduzione di processi meccanici per i lavoratori, lasciando maggiore spazio alla creatività in ambito professionale, a vantaggio dei giovani. L’“Indagine sulla Digitalizzazione e sui Risparmi Reinvestiti nelle Imprese” di Sap Concur evidenzia che nel 2020 il 30% delle imprese intervistate ha dichiarato un risparmio importante derivante dalla digitalizzazione e che nell’83% dei casi oggetto dello studio questi risparmi sono stati reinvestiti nello sviluppo dell’azienda.

Supportare le imprese familiari

AIDAF stima che in Italia ci sono circa 784.000 imprese familiari, più dell’85% del numero totale di imprese, che costituiscono il 70% dell’occupazione e si concentrano nei settori Manifatturiero (circa il 43%), Commercio (28%) e Finanziari e Immobiliari (12%).

In termini di impatto delle imprese familiari, il contesto italiano è in linea con quello delle principali economie europee: Francia (80%), Germania (90%), Spagna (83%) e Regno Unito (80%). Il fattore che ci distingue da questi Paesi è il minor ricorso a manager esterni: il 66% delle imprese familiari italiane è interamente gestito dalle famiglie, mentre questo vale solo per il 26% delle imprese familiari francesi e solo per il 10% nel Regno Unito.

Da un punto di vista geografico, i dati rispecchiano pienamente le caratteristiche tipiche dell’economia italiana a “due motori”, con il 74% delle medie e grandi imprese familiari si trova nella parte settentrionale del paese, il 16% nel centro e il 10% nel sud e nelle isole.

La ricerca sostiene quindi che è quanto mai necessario supportare la crescita, lo sviluppo e l’innovazione delle imprese familiari, che sono storicamente il fulcro dell’economia italiana e hanno sempre resistito con coraggio i momenti di crisi.

Seguire il PNRR per la ripartenza economica

Durante il periodo più grave di crisi causato dalla pandemia molte aziende hanno dovuto modificare le proprie modalità di lavoro e di business per adattarsi ai nuovi contesti sociali. L’Unione Europea ha stanziato delle risorse per supportare questi cambiamenti grazie a programmi come Next Generation EU (NGEU), un pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni e mirato alla modernizzazione delle imprese. A livello nazionale, l’Italia ha proposto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che insieme e al Fondo Sviluppo e Coesione arriverà ai 248 miliardi di euro a disposizione entro il 2036. A tali risorse, si aggiungono 13 miliardi resi disponibili dal programma REACT-EU da spendere tra il 2021 e il 2023.

Il PNRR si sviluppa intorno a tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale e ha sei missioni: Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura; Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica; Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile; Istruzione e Ricerca; Inclusione e Coesione; Salute. Il Piano intende riparare i danni economici e sociali dovuti alla crisi pandemica, contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana, e accompagnare il Paese su un percorso di transizione ecologica e ambientale. Con questi obiettivi si vogliono ridurre i divari, accompagnando gli imprenditori nell’adattarsi alle nuove necessità del mercato per uscire vincenti nel periodo post-pandemia e per allinearsi con il resto dell’Europa.

“Data la centralità delle imprese familiari in Italia, sorprende notare che il loro ruolo nella ripresa economica resiliente non sia adeguatamente valorizzato dal PNRR”, afferma Katerina Serada. “Sfruttare il loro potenziale attraverso l’integrazione delle loro caratteristiche distintive all’interno del Piano sarebbe vantaggioso per la ripartenza, non solo economica, del Paese”.

La ricerca conclude che nonostante la mancanza endemica di materia prime in Italia abbia generato nel tempo un solido sistema di competitività e innovazione creativa fortemente legato a imprese locali a conduzione familiare, le sfide che ora si pongono sono di più enorme portata, e richiedono imprenditorialità capaci di far fronte in tempi rapidi ai continui cambi di paradigma con una nuova e solida proposta. Non è più sufficiente investire sugli aspetti storicamente premiati del mercato e tessuto produttivo italiano. Si devono considerare gli impatti sull’economia reale attraverso un approccio sistemico (non solo ambientale ed economico, ma anche e soprattutto sociale) e in linea con il Piano Next Generation UE e il PNRR. Economia circolare, digitalizzazione e PMI, in particolare le imprese a gestione familiare, sono i fattori chiave da includere da protagonisti nei piani di sviluppo da attuare nel futuro più prossimo.