Non è semplice dare una definizione del fenomeno che attiene all’arte contemporanea
L’artista contemporaneo (nato dopo il 1945) è, tendenzialmente, colui che vuole superare con le sue creazioni la metrica standardizzata e tradizionale della pittura e della scultura classica – che ricercava la perfezione – e che interpreta la complessità della società in cui vive, con un coinvolgimento concreto nella realtà quotidiana.
Le sue opere sono plasticamente concettuali, globali, immateriali e spesso risulta difficile quantificarne il valore in termici economici perché si dimostrano superati i canoni di una valutazione tangibile delle creazioni.
Per comprendere quali siano oggi le dinamiche del funzionamento del sistema dell’arte contemporanea – dalla promozione alla distribuzione fino alla vendita – e per identificare i fattori che determinano l’attribuzione del valore ad un’opera contemporanea abbiamo incontrato Damiano Femfert docente all’ International Master in Arts and Culture Management della Rome Business School che ci ha detto:
“Quando si parla del mondo dell’arte bisogna comprendere che ci troviamo di fronte ad un tema amplissimo. Oggi possiamo parlare di fenomeno sociologico dell’arte, perché l’arte ha definitivamente travalicato i confini elitari in cui si era auto-confinata nei secoli scorsi ed è divenuta oggetto di interesse da parte di tutti, indirizzandosi, di conseguenza, verso un pubblico molto più vasto rispetto al passato. Potremmo parlare in un certo qual modo di cambiamento di prospettiva, tema che affronto con gli studenti nel mio seminario.
Negli ultimi 10/15 anni, i grandi movimenti artistici moderni e contemporanei, alcuni dei quali nati anche in Italia e a Roma, sono entrati violentemente in contatto con un ambiente diverso: il mercato, che si trova a dover definire un valore economico e monetario all’astratezza dell’arte.
Certo il diretto legame tra opera d’arte ed economia è sempre esistito, la differenza consiste, oggi, in una vera e propria esplosione dei prezzi delle creazioni, che trasforma il mondo dell’arte in un enorme e importantissimo mercato, il cui valore è stimato in circa 65 miliardi di euro all’anno. Il solo comparto rappresentato dall’arte contemporanea negli ultimi 15 anni è cresciuto di circa il 1000%. Il motivo di questo boom? Semplicemente perché chi può esercitare il potere di acquisto a cifre esorbitanti lo identifica come l’apice del lusso.”
La produzione creativa di un artista – sia esso dell’età classica, moderna, post-moderna o contemporanea – è un’attività culturale non scevra da componenti economiche. L’arte e l’economia rappresentano due sistemi complessi, due realtà in un certo senso contigue, i cui percorsi si sono sempre incrociati nella storia dell’umanità.
In tempi recenti con lo sviluppo della knowledge economy si è affermata la cultural economics che ha reso più evidente questa intima interconnessione: il bene simbolico si trasforma in bene economico e viceversa.
Secondo il Rapporto 2020-2021 sull’arte contemporanea pubblicato da Artprice by Artmarket, il volume del mercato è cresciuto del 2.700% negli ultimi 21 anni. Nel primo semestre del 2021 sempre il comparto dell’arte contemporanea ha registrato un risultato storico in termini di fatturato d’asta, con un incremento del 50% rispetto al primo semestre del 2019 e di 5 volte rispetto al primo semestre del 2020, che ha risentito degli inizi della crisi sanitaria da Covid-19.
“Si è sempre investito in arte: ad esempio nell’epoca papale e in quella rinascimentale erano i papi, i monarchi, i casati, le famiglie abbienti ad acquistare opere per ampliare le proprie collezioni private. Oggi, possedere un’opera d’arte, soprattutto se contemporanea, rappresenta un indice di alto tenore di vita ed esibizione di status symbol.
Rispetto a 30/40 anni fa, molte più persone che possiedono grandi quantità di denaro hanno deciso di interessarsi all’arte. Credo che tutta questa concentrazione rappresenti un sins defect, le ragioni sono duplici e coinvolgono la sfera economica e quella sociale: da un lato gli investimenti economici nel mercato dell’arte sono interessanti e molto fruttuosi – per un eventuale ritorno economico o anche solo a fini speculativi – dall’altro frequentare il mondo culturale nobilizza lo status.
In passato le inaugurazioni di musei erano animate dalla presenza di addetti ai lavori, di ministri della cultura, di rappresentati delle istituzioni. Oggi sono i calciatori e le pop star che si aggirano nelle gallerie d’arte. Di conseguenza le grandi mostre, ad esempio di Jeff Koons o di Maurizio Cattelan, sono frequentate da modelle e sportivi e per questo aspetto richiamano il grande pubblico. Ecco perché l’arte contemporanea, come detto, è diventata un fenomeno sociologico: si è aperta alla massa, con una più diretta contaminazione tra vita e arte.
Oggi ci interessiamo per ciò che è nuovo, digitale. Siamo animati da spirito google, da spirito Microsoft. Abbiamo un credo diverso. A questo dato si aggiunge un nuovo elemento: negli ultimi 5 anni molti tra i grandi collezionisti, specialmente in Europa, provengono dal mondo della moda. In Italia, la famiglia Prada, Trussardi, Fendi, solo per citarne alcune, hanno dato vita a fondazioni, che essenzialmente sono dei musei che si occupano di arte contemporanea.”
L’arte e la moda sono due mezzi potenti di comunicazioni e sebbene in passato abbiano rappresentato due mondi separati, oggi, grazie ai continui scambi creativi, distinguere le due arti è impresa difficile.
In Italia, come nel resto del mondo, le Fondazioni di Alta Moda ricoprono un ruolo centrale: moda e arte contemporanea rappresentano, infatti, un connubio vincente. Le fondazioni della famiglia Prada, Fendi e Trussardi– in Francia Luis Vuitton, Cartier, Pierre Bergé, Yves Saint Laurent, Pinault – sono in prima linea con progetti di grande rilevanza culturale e rappresentano esempi di impegno etico: gratuitamente, si trasformano in contenitori per ampliare conoscenze e spazi educativi fruibili dal grande pubblico.
“L’arte e la moda si fanno interpreti della società attraverso i propri linguaggi.
La moda ha sempre seguito l’evoluzione della società, legge le manifestazioni del contesto di riferimento e impone nuovi paradigmi culturali, proprio come accade all’arte. La grande differenza tra le due forme di espressione è il tabu che ne è alla base: la moda è una cosa funzionale, ci aiuta a vestirsi, l’arte ci aiuta ad abbellire le nostre vite.
Certo in molti casi le sfilate possono anche essere considerate una vera ed alta espressione artistica. Ma a mio avviso c’è un limite invalicabile: la moda rappresenta una azienda e ne deve rispettare i modelli di businees. La moda, in questa ottica, tende a cannibalizzare l’energia creativa dell’arte per inserirla in un ambiente industriale.
Il mondo dell’arte è l’espressione più alta di libertà se non si lascia corrompere dalla finanza. L’artista tedesca Anne Imhof con la sua performance Faust, che le è valso il Leone d’oro alla Biennale di Venezia del 2017, ha apportato nel mondo dell’arte contemporanea un cambiamento radicale. Nelle 4 ore della rappresentazione, giovani performer vestiti in modo fluido si muovevano in uno spazio minimal che poteva sembrare una sfilata di moda. La Imhof era parte integrante della performance, proprio a sottolineare l’intimo rapporto esistente tra arte e vita quotidiana, nella quale la moda riveste un ruolo decisivo.”
“Per lavorare nel mondo dell’arte fino a poco fa era obbligatorio provenire da studi di storia dell’arte. Attualmente dipende in che segmento si vuole operare.
Se si desidera lavorare nei musei, diventare, ad esempio, curatore piuttosto che direttore di una istituzione, normalmente si comincia con gli studi classici e poi ci si specializza con corsi ad hoc.
Se al contrario si vuole intraprendere una professione lavorando nelle gallerie o nelle case d’asta è più utile studiare business, marketing, economia aziendale: sono rari i casi in cui in questi ambiti si possiede un background di storico dell’arte. Ma io credo che, in verità, tutto questo sia relativo: la cosa più importante è avere la curiosità e l’interesse per l’arte nella sua totalità.
Ci sono tanti autodidatti: in questo meraviglioso mondo si può entrare in qualsiasi modo. Ma un consiglio voglio trasferirlo: se avrete la fortuna di organizzare delle mostre, sforzatevi di parlare al grande pubblico. I testi narrativi a commento delle opere devono essere comprensibili: renderli super intellettuali è una stupidità che rende l’arte cattiva e un’arte cattiva diventata limitata e torna ad essere elitaria e autoreferenziale.”
Damiano Femfert (1985) opera nel mondo dell’arte in veste di curatore, gallerista e docente universitario. A Roma ha curato la mostra “CoBrA, una grande avanguardia europea” a palazzo Cipolla. È anche attivo come scrittore, sceneggiatore e collaboratore di diverse testate estere come la Frankfurter Allgemeine e la Süddeutsche Zeitung.