La sanità internazionale sta attraversando una fase di cambiamento strutturale. L’adozione dell’intelligenza artificiale, la crescente cooperazione tra Paesi e l’emergere di modelli produttivi decentralizzati stanno modificando l’intera filiera: dalla ricerca alla diagnosi, fino alla distribuzione dei trattamenti.
Un’evoluzione che apre opportunità significative, ma anche interrogativi concreti: quali criteri etici devono guidare lo sviluppo di tecnologie ad alto impatto? In che modo l’innovazione può restare accessibile, sostenibile e orientata ai bisogni reali dei pazienti?
L’intelligenza artificiale è ormai parte integrante della medicina contemporanea. Viene utilizzata nell’analisi dei dati clinici, nella predizione delle diagnosi e nella progettazione di terapie personalizzate. La capacità di elaborare rapidamente informazioni complesse consente ai sistemi sanitari di migliorare precisione, tempestività e allocazione delle risorse.
Tuttavia, la diffusione dell’AI evidenzia anche aspetti critici:
Per affrontare queste questioni servono figure professionali in grado di comprendere la tecnologia, interpretarne i limiti e inserirla in un quadro decisionale responsabile.
Una delle riflessioni centrali emerse durante il workshop, che ha ospitato l’intervento della Dr.ssa Selena Milanovic, riguarda la necessità di superare la frammentazione tra i principali attori del settore. Milanovic, attiva tra ingegneria biomedica, industria sanitaria e consulenza pubblica, ha evidenziato come l’innovazione produca risultati rilevanti solo quando viene sviluppata in un ecosistema aperto e interconnesso.
Un caso emblematico è rappresentato dai modelli di produzione vaccinale decentralizzata, come il progetto avviato in Rwanda in collaborazione con Siemens AG, BioNTech e la Gates Foundation. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dei Paesi africani dalle importazioni, sviluppando capacità produttive locali. Un esempio concreto di come tecnologia, politica industriale e interesse pubblico possano convergere.
Per anni l’innovazione in sanità ha seguito un percorso lineare: ricerca, trasferimento tecnologico, regolamentazione. Secondo le prospettive emerse nel dibattito, questo schema non è più adeguato alla complessità attuale.
Il settore richiede oggi un modello circolare, in cui scienziati, aziende e istituzioni collaborano in modo continuativo. Solo così è possibile rispondere a tecnologie che evolvono più rapidamente delle norme che dovrebbero regolarle. Un tema centrale anche nel confronto sull’EU AI Act, che dovrà trovare un equilibrio tra sicurezza, flessibilità e tutela dell’innovazione.
L’incontro si inserisce nella missione della Rome Business School: formare professionisti capaci di operare in contesti globali complessi, dove competenze tecniche e sensibilità etica devono procedere di pari passo.
Attraverso i propri programmi, tra cui il Master in Pharma and Health Management, la scuola promuove un approccio interdisciplinare, attento alle dinamiche regolatorie, ai modelli di business del settore health e alle implicazioni sociali delle tecnologie emergenti. L’obiettivo è preparare figure in grado di interpretare il cambiamento e guidarlo con criteri di responsabilità, trasparenza e impatto.
Il sistema sanitario globale è entrato in una fase in cui l’innovazione non può più essere valutata solo in termini di efficienza o performance tecnologica. Deve essere inserita in un contesto più ampio, che tenga conto di equità, governance e sostenibilità. La direzione è chiara: sviluppare soluzioni digitali in grado di migliorare la qualità dei servizi, ridurre le disuguaglianze e rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari.
È questa la sfida per i professionisti di domani: sono necessarie competenze solide, letture critiche e la capacità di collaborare oltre i confini disciplinari.