La crisi derivante dal Covid19, con la sua massiccia interruzione dei sistemi di supply chain, unita alla carenza di forniture di beni essenziali e alle pressioni sui sistemi di gestione dei rifiuti, alla volatilità dei prezzi nei mercati globali delle materie prime, ha accelerato esponenzialmente la transizione verso un’economia circolare, rendendo questo processo sempre più urgente e necessario.
In tal senso va sottolineato che la dipendenza dal mercato globale per la fornitura di materie prime sta aumentando in tutto il mondo. Infatti, l’espansione delle attività commerciali deve far fronte ad una drastica diminuzione di produttori di materie prime. Per dare un’idea, nel 2010, il 30% per cento delle economie mondiali ha provveduto alla fornitura globale di risorse materiali, mentre il 70% di tutti i Paesi sono risultati importatori diretti. Negli ultimi dieci anni questa tendenza è cresciuta ulteriormente.
Il capitale naturale infatti sta diminuendo in tutto il mondo nonostante i miglioramenti nell’efficienza delle risorse. All’interno di questo scenario globale, l’Italia rappresenta un importatore rilevante di tutte le tipologie di materie prime (con una dipendenza dal commercio internazionale più alta della media del G20), il che si traduce in una maggiore dipendenza dai mercati esteri e, di conseguenza, un grande rischio per la competitività delle PMI e, più in generale, dell’industria italiana.
Pertanto, per rimanere competitivi dobbiamo passare a modelli di risorse alternative che possano realmente sostenere le nostre reti di produzione e la nostra competitività, migliorando l’efficienza delle risorse. Una possibile alternativa al suddetto scenario di dipendenza cronica dell’economia italiana dai mercati esteri è rappresentata dall’economia circolare che, negli ultimi due anni, è diventata l’elemento centrale del Green Deal europeo9, e della “ripresa economica verde” europea post-Covid19, elemento principale della cosiddetta “Missione 2: rivoluzione e transizione ecologica” del Piano Nazionale di ripresa e Resilienza del governo italiano.
L’ economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondiziona[1]mento e riciclo dei materiali e dei prodotti esistenti il più a lungo possibile. La parte centrale del macro-contesto legato all’economia circolare riguarda la “strategia di riduzione”, che comprende anche il design stesso dei prodotti.
Un “design sostenibile” porta infatti benefici ai consumatori, ma anche alle imprese e all’ambiente e rafforza altresì la competitività dei prodotti e dei sistemi economi[1]ci. Secondo lo studio di McKinsey Quarterly (2020), “le aziende che eccellono nel design aumentano le entrate e i ritorni economici per gli azionisti ad un tasso quasi doppio rispetto ai competitor meno attenti a questo fattore”. Il rapporto di McKinsey ha anche messo in luce, tuttavia, che il 90% delle imprese non sta raggiungendo il pieno potenziale in materia di design, in parte a causa della mancanza di una leadership aziendale con una visione sostenibile e di lungo periodo.
La transizione verso un’economia circolare non è immediata né scontata ma implica cambiamenti fondamentali che comprendono i modi in cui progettiamo, produciamo, forniamo e manteniamo il valore nelle nostre economie. È un cambiamento radicale nel paradigma economico che, senza ombra di dubbio, produrrà un impatto diretto su ogni impresa e value chain.
Le PMI devono quindi farsi trovare preparate di fronte a questa ennesima sfida, essendo il partner naturale dell’economia circolare. A tal proposito va sottolineato che molte di queste hanno già sviluppato attività legate.
La transizione verso un’economia circolare si tratta pertanto sia di una sfida sia di un’opportunità che richiede:
Nuove pratiche gestionali e soluzioni tecnologiche per: migliorare l’utilizzo delle risorse e rendere i processi più sostenibili; ridurre gli sprechi alimentari e la perdita di cibo; trasformare i rifiuti e i sotto-prodotti in risorse; integrare i consumatori nel supporto della circolarità; implementare sistemi di tracciabilità.
Passare dal modello gestionale lineare “take-make-dispose ” a quello “reduce, reuse, recycle ”, ovvero un sistema più complesso e circolare di coordinamento delle risorse, che dipende dalla disponibilità di numerosi dati digitali riguardanti le caratteristiche e le origini dei materiali; dalle condizioni di approvvigionamento; dai sistemi di imballaggio; dai sistemi di spedizioni; dai requisiti sociali; dall’indice di circolarità e sostenibilità ambientale.