Nel corso dell’ultimo anno, aumenta il numero delle operazioni di Mergers and Acquisitions (M&A, fusioni e acquisizioni di aziende) in Italia, registrando una tendenza positiva rispetto il periodo pre-pandemico (+5,2%) e nel primo trimestre del 2024 si conferma un rialzo (+4,3% rispetto lo stesso periodo del 2023). Allo stesso tempo, in Italia aumenta il valore delle operazioni di private equity da 1 a 2,4 miliardi di euro tra il I trimestre 2023 ed il I trimestre 2024 (+134%), ma forte è la contrazione osservata nel numero delle operazioni avvenute tra fine 2021 e fine 2023, scese da 138 a sole 89.
Questo quanto emerge dal report “M&A e Private Equity in Italia. Analisi Strategica e di Mercato” appena pubblicato da Rome Business School. La ricerca, a cura di Francesco Baldi, Docente dell’International Master in Finance di Rome Business School; Massimiliano Parco, Economista, Centro Europa Ricerche e Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School, offre un’analisi dettagliata sulle dinamiche degli ultimi anni e le attuali tendenze delle operazioni M&A e private equity in Italia.
“Negli ultimi 5 anni, nel mercato italiano dell’M&A prevalgono operazioni di maggioranza (due terzi del totale), aventi ad oggetto aziende europee non quotate, pagate per più della metà con cash ma con un crescente ricorso alle clausole di earn-out (nel 26,9% dei casi), con una forte connotazione conglomerale (specialmente nel settore delle Telecomunicazioni). Invece, le operazioni di tipo verticale si concentrano nel settore delle assicurazioni e quelle di tipo orizzontale nell’industria bancaria”, afferma Francesco Baldi.
Prendendo in considerazione tutte le operazioni di M&A italiane nel periodo 2019-marzo 2024 (database ORBIS, Bureau van Dijk), si osserva che il mercato italiano dell’M&A mostra una lenta dinamica al rialzo: dalle 673 operazioni del 2019, a fine 2023 si contano 708 operazioni di M&A, con un aumento del 5,2%. Nei primi tre mesi del 2024 si è registrato un aumento delle operazioni a confronto con il primo trimestre 2023 pari al 4,3% (da 139 operazioni a 145).
In termini di valore, nel confronto tra il primo trimestre 2023 e quello 2024, si registra una netta accelerazione dell’ammontare aggregato, stimabile in circa 1,6 miliardi di euro in più (+38,1%). Delle operazioni condotte nel 2019-marzo 2024, il 56,2% è avvenuto tramite cash (678) e il 15,8% (191) tramite lo scambio di azioni. Guardando alla percentuale di quote acquisite, 1.195 operazioni hanno previsto una quota di acquisizione del pacchetto azionario superiore al 50%, di cui la prevalenza (884) con quote di acquisizione comprese tra il 51% e l’80%. Dal punto di vista della tipologia dell’azienda target, sono state interessate 4.096 aziende non quotate (95,9%), 62 quotate (1,5%) e 115 (2,7%) delisted. In termini geografici, le operazioni di M&A avvenute in Italia mostrano un’elevata concentrazione di aziende target europee, pari a 4.020, seguite da quelle nei Paesi dell’America del Nord (97) e Asia e Oceania (74).
“I risultati mostrano una ripresa del settore M&A in Italia nel I trimestre 2024. La possibilità di un taglio dei tassi di interesse da parte della BCE nel corso del 2024 potrebbe in tal senso sostenere il mercato dell’M&A, favorendo maggiori investimenti e stimolando il credito alle imprese”, afferma Massimiliano Parco.
Nel periodo 1° gennaio 2019 – 31 marzo 2024, le operazioni di M&A in Italia hanno avuto prevalente natura conglomerale, con acquisizioni di aziende operanti in settori o mercati differenti rispetto a quelli dell’acquirente: il 66,4% del campione analizzato. Numerose sono state anche quelle di tipo verticale in cui l’acquirente acquisisce aziende operanti a valle o a monte della propria catena del valore, 26,4% del campione. Infine, quelle di tipo orizzontale sono state solo il 7,2%, in cui l’acquirente acquista aziende target operanti nel suo stesso mercato, ovvero individuate tra i suoi competitor.
La maggior concentrazione di aziende target nelle operazioni di si riscontra nel settore altri servizi. Ben 1.458 aziende afferiscono a tale settore (35,3%), seguite da macchinari (15,3%), commercio al dettaglio (7,1%), chimica (6,9%) e l’elettrico (5,5%). La ricerca rileva anche che le operazioni di M&A di tipo conglomerale sono diffuse particolarmente nel settore delle telecomunicazioni (84,8% delle operazioni), seguito da costruzioni (78,2%), altri servizi (73%), informazione ed editoria (72,7%). D’altro canto, il settore bancario presenta un’elevata concentrazione di operazioni di M&A di tipo orizzontale (65,9%) e il settore delle assicurazioni invece vanta il maggior numero di operazioni di tipo verticale (41,3%).
Ben 11 settori su 18 presentano performance negative nel confronto tra il primo trimestre 2023 e quello 2024. Le aziende afferenti al settore dell’agricoltura (-2,62x), dei macchinari (-2,02x) e della metallurgia (-1,59x) registrano discrete riduzioni di valore, mentre emergono i settori dell’alimentare (+0,75x), della P.A. e della difesa (+0,4x) e del tessile (+1,14x) con una creazione di valore da sinergie superiore alla media.
Il private equity è un tipo di investimento in cui i soggetti raccolgono fondi per acquistare quote di aziende non quotate in borsa. Il mercato italiano del private equity conta, secondo dati ORBIS (Bureau van Dijk), un totale di 544 operazioni tra il 1° gennaio 2019 e il 31 marzo 2024. In questo periodo si evidenzia una tendenza flettente: dal picco di 138 operazioni registrate a fine 2021, si contano a fine 2023 appena 89 operazioni, in riduzione del 35,5%.
Tra il 2022 e il 2023, si è registrata una contrazione del -23,3% (da 116 operazioni ad 89), mentre in valore la contrazione arriva fino al -92,3% (da 61,7 miliardi nel 2022 a 4,8 miliardi nel 2023). Il dato 2022 è però viziato da due operazioni di elevato ammontare che hanno avuto ad oggetto Atlantia (32,8 miliardi di euro) e Autostrade per l’Italia (8,2 miliardi di euro). Al netto di queste due operazioni, il valore 2022 scenderebbe così a 20,7 miliardi di euro. Dati più recenti, tuttavia, mostrano – come per le operazioni di M&A – si stia assistendo ad una discreta ripresa del mercato del private equity con un aumento nel valore delle operazioni da 1 a 2,4 miliardi di euro tra il I trimestre 2023 ed il I trimestre 2024 (+134%).
Per quanto riguarda la tipologia delle operazioni, il 96% sono state institutional buyouts, 2% di acquisizione del 100% del pacchetto azionario dell’azienda target, 1% le operazioni di minoranza e 1% le IPOs (offerta pubblica iniziale). Dati più recenti indicano come al I trimestre 2024 19 operazioni siano state del tipo institutional buyouts, mentre 1 unica acquisizione del 100% del pacchetto azionario. In termini di risorse di capitale, le 19 operazioni di buyouts hanno richiesto l’investimento di 2 miliardi euro, mentre di 800 milioni è l’ammontare dell’unica operazione di acquisizione al 100%.
Il settore degli altri servizi e dei macchinari presentano un maggior interesse da parte dei fondi di private equity in Italia: nel periodo analizzato, 117 sono state le aziende target del settore altri servizi coinvolte in operazioni di private equity e 99 afferenti al settore dei macchinari. Buone concentrazioni si ravvisano anche nel settore della chimica e dell’alimentare con rispettivamente 71 e 55 aziende target. Il settore bancario e quello delle assicurazioni sono stati caratterizzati dal completamento di una sola operazione per ciascuno.
Il settore delle costruzioni registra le operazioni dal maggior importo, per un totale complessivo di 42,4 miliardi di euro. Tuttavia, il dato è viziato dalle due operazioni di Atlantia e Autostrade per l’Italia relative al 2022 che modificano in gran misura la distribuzione del campione. Seguono i settori degli altri servizi (13,2 miliardi di euro) e della chimica (11,9 miliardi di euro).
Guardando al futuro, è fondamentale che le imprese italiane siano attente alle opportunità e alle sfide presentate dalle operazioni di M&A e di private equity.
“In un mercato italiano dell’M&A e del private equity che mostra un relativo dinamismo preoccupa la crescente tendenza al delisting delle aziende oggetto di operazioni di finanza straordinaria: in poco più di 5 anni si sono verificati ben 115 delisting (2,7% del totale). Sebbene ciò sia in linea con un fenomeno osservabile a livello globale, è opportuno che le Borse e le Autorità Regolamentari dei mercati adottino strategie per contenerlo, facendo sì che le imprese tornino con fiducia a guardare al mercato azionario come una destinazione di lungo periodo atta a favorire i loro percorsi di crescita”, conclude Francesco Baldi.