Lo sport è tra i motori dell’economia italiana: nel 2023 ha generato 24 miliardi di euro, rappresentando l’1,8% del Pil. Il calcio, il primo tra gli sport per numero di spettatori, è in continua crescita, che aumenteranno del +8% ogni anno fino al 2025, del +37,7% se consideriamo le stime entro il 2030. Maggiori investimenti in strutture sono necessari, anche in comparazione al resto d’Europa, a progetti realizzati, i 14 nuovi stadi di calcio porteranno 12 mila nuovi posti di lavoro. E Non solo, secondo le stime attrarranno +3,3 milioni di spettatori stimati, con conseguente aumento dei ricavi da stadio per oltre 200 milioni complessivi.
Queste tra le conclusioni dell’ultimo report di Rome Business School, “Lo sport in Italia. Governance, impatto economico e infrastrutture sportive” a cura di Francesco Baldi, Docente dell’International Master in Finance di Rome Business School; Massimiliano Parco, Economista, Centro Europa Ricerche e Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School.
In Italia il calcio rimane lo sport da cui provengono la maggior parte degli introiti economici nazionali, ma la media di affluenza per partita è del 78,3%, tra le più basse a livello continentale, indice dell’insoddisfazione dei tifosi per l’esperienza legata allo stadio.
“L’invecchiamento delle strutture e la mancanza di modernizzazione non permettono di diversificare e aumentare l’incasso del sistema sportivo. Anche se sono in corso di realizzazione diversi impianti, serve un piano più strutturato che metta al centro lo spettatore e le sue nuove necessità, ravvivando l’esperienza del match day e curando il business potenziale dato ad esempio da spazi commerciali, hospitality di lusso, oggettistica e gadget, attività di gaming e entertainment”, afferma Valerio Mancini, tra gli autori.
Circa il 78% del Pil del settore sportivo in Italia deriva dal settore dei servizi, pari a oltre 19 miliardi di euro. Seguono l’industria in senso stretto (12,7%), con un valore di prodotto di 3,1 miliardi di euro, e il commercio, che contribuisce con poco più di 1 miliardo di euro (4,3%). I settori delle costruzioni e dell’agricoltura hanno un peso complessivo di poco superiore al 2%.
Gli impianti sportivi in Italia sono 77.000. Le amministrazioni comunali ne detengono la proprietà e gestiscono circa il 63% degli impianti sportivi (in generale, i soggetti pubblici detengono il 69% degli impianti). Il restante 31% è gestito da soggetti privati, inclusi istituzioni religiose (10%), società sportive (4%) e altri soggetti privati (17%).
L’Emilia-Romagna è la regione con la maggior presenza di impianti sportivi (12,7%), seguita dalla Lombardia (12,3%) e dal Veneto (12,1%), Valle d’Aosta, Basilicata e Molise fanalini di coda (0.5%). L’ISTAT (2023) posiziona le regioni montuose come il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta come quelle dove ci sono più individui che praticano sport in maniera continua: 39,6% e 34,4% rispettivamente. La regione che registra i numeri più bassi è la Campania (19%), seguita dalla Calabria (19,2%).
La maggior parte degli stadi in Italia, ad eccezione di poche realtà positive, come l’Allianz Stadium di Torino, il Mapei Stadium di Reggio Emilia, la Dacia Arena di Udine e il Gewiss Stadium di Bergamo, sono obsoleti e necessitano di significative ristrutturazioni per soddisfare gli standard contemporanei di comfort e sicurezza. Non solo, ad oggi solo nel 12% degli stadi di Serie A vengono utilizzati impianti che sfruttano fonti di energia rinnovabili. Secondo le Norme sull’Infrastruttura degli Stadi UEFA (UEFA, 2024), è possibile identificare il livello di un impianto attraverso un punteggio che va da un minimo di 1 a un massimo di 4 e l’Italia, in questo ambito, ha meno stadi nella massima categoria UEFA rispetto a Spagna, Francia o Germania.
Questa differenza è principalmente data da un diverso approccio alla modernizzazione delle infrastrutture sportive: in Spagna, maggiore è la collaborazione tra club di calcio e autorità municipali, che vedono questi progetti come un’opportunità per stimolare l’economia locale. I club spagnoli inoltre, come l’Atletico Madrid, combinano efficacemente risorse proprie con prestiti bancari, sponsorizzazioni e accordi di denominazione, semplificando il processo di finanziamento. In Francia, eventi internazionali come l’Euro 2016 e la Coppa del Mondo femminile del 2019 hanno incentivato la modernizzazione delle infrastrutture sportive, posizionando il paese tra i leader in Europa per costruzione e rinnovo di stadi. La Germania, invece, si distingue per il suo modello di finanziamento basato su contratti di denominazione con grandi marchi, leva per creare e mantenere gli stadi moderni e funzionali. Dopo il Covid, la Germania ha rapidamente recuperato, raggiungendo una media di affluenza del 96% per ogni partita della Bundesliga (Transfermarket, 2024).
In contrasto, “l’Italia è rimasta indietro. Gli stadi italiani sono in media più vecchi (62 anni in Serie A) e una maggiore difficoltà nel finanziamento, spesso ostacolato dalla burocrazia legata alla conservazione del patrimonio storico”, afferma Francesco Baldi. Inoltre, la combinazione dei diritti televisivi e dei ricavi dalla vendita dei biglietti rappresenta il 62,6% del reddito di ciascuna squadra, dimostrando la dipendenza che ha il settore in questa fonte di reddito e l’importanza di massimizzare l’affluenza e negoziare accordi televisivi più favorevoli.
In termini economici, la ristrutturazione degli stadi rappresenta un investimento considerevole ma anche una significativa opportunità. Il modello dell’Allianz Stadium di Torino, che include l’uso dei diritti di denominazione e l’integrazione di strutture commerciali, dimostra come la modernizzazione possa attrarre nuove fonti di reddito e sponsor. L’Italia, con la sua grande passione per il calcio e la forte partecipazione delle sue squadre alle competizioni europee, ha un enorme potenziale per capitalizzare queste opportunità.
“Migliorare le infrastrutture non solo aumenterebbe il comfort e la sicurezza per i tifosi, ma posizionerebbe meglio le squadre italiane nel mercato globale, attirando più eventi internazionali e promuovendo una crescita economica sostenibile nel settore sportivo”, afferma Massimiliano Parco.
Per affrontare questa questione, i club italiani dovrebbero concentrarsi sulla modernizzazione dei propri stadi per migliorare l’esperienza dei tifosi, attirare più spettatori e aumentare le fonti di reddito. Inoltre, negoziare accordi più lucrativi sui diritti televisivi potrebbe aiutare a compensare la dipendenza dai ricavi delle giornate di partita. La qualità delle strutture non solo aumenta il numero di spettatori, ma incoraggia anche una frequentazione più regolare, generando maggiori entrate dai biglietti.
In secondo luogo, gli impianti moderni attraggono sponsor di alto profilo. Le aziende sono disposte a investire di più in strutture che offrono visibilità e opportunità di marketing superiori. Gli stadi rinnovati spesso dispongono di spazi commerciali, hospitality di lusso, e altre opportunità di branding che sono molto appetibili per i potenziali sponsor. Un altro aspetto cruciale è l’uso dei naming rights. Infatti, le squadre che hanno optato per questa strategia hanno beneficiato di accordi finanziari significativi. Ad esempio, lo stadio Allianz di Torino, grazie alla partnership con la compagnia assicurativa tedesca, ha assicurato un flusso di entrate.
“Se a tutte le iniziative in fase di sviluppo si aggiungono collaborazioni tra pubblico e privato, modernizzazione e tecnologie green, e un piano di comunicazione e negoziazioni efficaci, il futuro dello sport italiano continuerà a crescere e creare un impatto positivo sull’economia del Paese”, conclude Valerio Mancini.