L’industria calzaturiera italiana si conferma tra le eccellenze manifatturiere del Paese, con esportazioni pari a 12,8 miliardi di euro nel 2023 (+61,1% rispetto al 2012), la Francia il primo partner. Tuttavia, il comparto è investito da una transizione strutturale che vede, da una parte una forte crescita del fenomeno della contraffazione, per un giro d’affari illegale di 250 milioni di euro l’anno, e dall’altra un’importante contrazione nel numero di aziende e nella produzione di calzature, concentrate tra le piccole e micro imprese italiane, mentre le grandi aziende crescono in fatturato (+58,8% vs 2012) e numero di occupati (+6% medio annuo). Secondo gli autori, la stabilità del fatturato del settore nel suo complesso è attribuibile a un incremento dei prezzi medi di vendita, sostenuto dalla transizione strategica verso segmenti di mercato più remunerativi.
Queste tra le conclusioni del report “Settore calzaturiero italiano: impatto economico e contraffazione” di Rome Business School, a cura di Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School, Francesco Baldi, Docente dell’International Master in Finance e Massimiliano Parco, Economista, Centro Europa Ricerche.
Negli ultimi dieci anni, il numero di imprese attive nel settore calzaturiero è diminuito del 23,9%, la produzione di calzature si è ridotta del 42,1% rispetto al 2012 (mentre del solo 1,7% quella del comparto manufatturiero), e l’incremento del fatturato per occupato è stato del 2,2% in media all’anno. Tuttavia, è cresciuto il fatturato del settore: +17,6% dal 2022 al 2024, da 11,9 a 14 miliardi. Nonostante siano infatti in forte decrescita il numero di micro (-6,6%) e piccole imprese (-9,4%) vs 2012 e il loro fatturato, emergono in tutti gli indicatori le grandi imprese: il loro numero è cresciuto del 4,5% annuo, il fatturato si è espanso a ritmi anche più elevati (+4,7%) e il numero di occupati ha superato il 6% annuo.
Secondo Francesco Baldi: “L’apparente stabilità del fatturato è attribuibile non a un aumento della capacità produttiva, bensì a un incremento dei prezzi medi di vendita, sostenuto dalla transizione strategica verso segmenti di mercato più remunerativi, come il lusso e l’alta gamma. Questi comparti, oltre a garantire margini di profitto più elevati, hanno permesso alle imprese italiane di valorizzare l’artigianalità e la qualità distintiva del Made in Italy, consolidando la propria presenza nei mercati esteri”.
Guardando agli occupati, a fine 2022 si contano 73.354 lavoratori nelle imprese italiane produttrici di calzature, in calo del 10% rispetto ai livelli del 2012, con una riduzione marcata nelle micro imprese (-29,5%) e nelle piccole imprese (-21,6%). In netto contrasto, le grandi imprese raddoppiano quasi il numero di addetti (+82,9%), passando da 8.232 occupati nel 2012 a 15.060 nel 2022, a conferma della loro centralità nel mantenere l’occupazione nel settore. Le 20 top imprese italiane produttrici di calzature hanno totalizzato ricavi complessivi pari a oltre 5,4 miliardi di euro nel 2023, ma tra le prime 20 solo 8 hanno registrato incrementi, e solo 4 hanno registrati cali occupazionali tra il 2022 e il 2023. Il totale degli addetti per le venti imprese raggiunge gli 11.029 dipendenti, con un incremento del 3,3% rispetto al 2022.
Nel 2023, il valore delle esportazioni dei prodotti del settore calzaturiero è stato pari a 12,8 miliardi di euro. Rispetto al 2012, l’incremento a fine 2023 è risultato pari al 61,1%, con un tasso di crescita medio annuo pari al 4,4%. Tuttavia, tra il 2022 e il 2023 la crescita si è arrestata, registrando una lieve flessione annua (-0,5%). Tra il 2012 e il 2023, la Francia si conferma primo partner commerciale per il settore, con un raddoppio dei volumi esportati (+97,2%) tra il 2012 e il 2023, seguita dalla Svizzera che sale di due gradini in graduatoria, e dagli Stati Uniti che si confermano al terzo posto. Particolarmente significativa è stata la crescita delle esportazioni verso la Cina (+346,5%) e la Polonia (+266,4%), che rappresentano mercati in forte espansione, grazie alla crescente domanda di beni di lusso nei paesi emergenti. Riduzioni si rilevano per i mercati maturi come la Germania (-1,3%), il Regno Unito (-2,2%) e i Paesi Bassi (-0,2%). Infine, aumentano le importazioni: +5,3 miliardi di euro, rispetto al 2012 l’aumento è di oltre 1,5 miliardi di euro.
In Italia, il distretto marchigiano si conferma leader indiscusso. A fine 2022 la provincia con il maggior numero di imprese produttrici di calzature è Fermo con 1.533 imprese presenti (il 23,1% delle imprese italiane produttrici di calzature). Molto elevata anche la concentrazione nella provincia di Macerata, con 648 imprese (il 9,8% delle imprese italiane del settore calzaturiero). Seguono Firenze (438; 6,6%), Napoli (424; 6,4%) e Pisa (364; 5,5%). Le Marche sono quindi la regione con la maggior quota di imprese del settore calzaturiero in Italia (34,5%). Nel complesso le prime venti imprese marchigiane produttrici di calzature, per ricavi di vendita, hanno incrementato i ricavi di vendita tra il 2022 e il 2023 del 6,3%, in controtendenza con le top 20 imprese italiane (-0,8%).
“L’analisi evidenzia quindi l’importanza di un approccio strategico orientato alla valorizzazione delle risorse intangibili, come il brand, il design e il know-how, e sottolinea la necessità di implementare modelli organizzativi e di gestione aziendale più efficienti, e al contempo supportare le micro e piccole imprese, facilitando l’accesso a finanziamenti, formazione e mercati internazionali”, conclude Massimiliano Parco.
Le calzature italiane rappresentano circa il 13% delle esportazioni manifatturiere italiane nel comparto moda, generando oggi un fatturato annuo superiore ai 14 miliardi di euro. Tuttavia, le calzature italiane sono tra i prodotti più contraffatti al mondo, con un giro d’affari illegale stimato a 250 milioni di euro annui per il solo comparto delle scarpe (Assocalzaturifici, 2023). Le Marche emergono come la regione più colpita (oltre 3,2 milioni di pezzi contraffatti negli ultimi cinque anni), rappresentando il 31% delle perdite totali, seguite dal Veneto (29%), dalla Campania (22%), dalla Lombardia (16%) e dalla Toscana (12%).
Circa il 65% delle vendite contraffatte di calzature avviene online, rendendo questa modalità la più utilizzata dai contraffattori, con una perdita stimata di 150 milioni di euro annui derivanti dal mancato acquisto di prodotti autentici (EUIPO, 2023). Il 30% delle vendite contraffatte avviene tramite mercati tradizionali, bancarelle e vendite porta a porta, le città turistiche come Venezia, Firenze, e Roma sono i principali punti di distribuzione.
E Valerio Mancini precisa: “La diffusione di prodotti contraffatti mina non solo la fiducia dei consumatori nei marchi italiani, compromettendo il valore percepito delle calzature autentiche, ma riduce le esportazioni, una riduzione annua che si aggira intorno al 15% a causa della concorrenza sleale dei falsi”.
Attraverso piattaforme online come Alibaba e Amazon Marketplace, e social media come Instagram e Facebook, i contraffattori riescono a raggiungere un pubblico vastissimo, sfruttando la mancanza di regolamentazione e l’anonimato dei venditori. Oltre a creare un danno economico diretto, con una riduzione del fatturato e della capacità di investimento in innovazione e tecnologie, l’uso di materiali non certificati non solo compromette la durata del prodotto, ma può anche avere conseguenze negative per la salute di chi li indossa e l’ambiente. Infine, la contraffazione rappresenta una minaccia alla reputazione globale del Made in Italy, erodendo la fiducia nei marchi italiani e compromettendo la loro capacità di competere sui mercati globali.
“Per salvaguardare il settore calzaturiero italiano, è fondamentale un approccio integrato che combini innovazione tecnologica, politiche di sostegno e strategie di sensibilizzazione. Con oltre 75.000 persone impiegate, la continuità e il successo del settore calzaturiero italiano dipenderanno in larga misura dalla capacità di coniugare tradizione e innovazione di processo e prodotto, di preservare la qualità del prodotto e tutelarlo, rafforzando la lotta alla contraffazione”, conclude Valerio Mancini.