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Il debito pubblico in Italia: analisi e prospettive

Debito pubblico italiano sul PIL al 140,6% nel 2024. Il maggiore tra le potenze dell’Area euro.
16/01/2024 Ricerca Divulgativa Download PDF
  • Il debito pubblico dell’Italia in rapporto al PIL a chiusura del 2023 è stimato al 139,8%.
  • Entro il 2025 migliorerà il deficit dei Paesi dell’Area euro rispetto al PIL: -2,1 nell’area euro, -3,6 in Francia, -3,3 in Spagna, -2,5 in Italia e -0,5% in Germania.
  • La regione italiana con maggior debito pubblico lordo è il Lazio (28,3 miliardi di euro) seguita dalla Campania (15,6). Le meno indebitate Valle d’Aosta, Molise e Basilicata (debito inferiore a 1 miliardo). Spiccano le azioni di risanamento dei conti pubblici operate da FVG, Emilia-Romagna e Sardegna.
  • In vent’anni (2002-2022) la vita media residua del debito pubblico italiano è aumentata di circa 2 anni, oggi è pari a 7,7 anni.
  • Per il 2024 previsto un aumento dell’indebitamento netto in Italia accompagnato da una crescita graduale, da ottenere puntando su riforme strutturali, gestione dell’Inflazione, piena implementazione del PNRR.

In cima alla classifica delle principali economie europee, il debito pubblico dell’Italia stimato per il 2023 è, in rapporto al PIL, pari al 139,8%, molto più elevato rispetto quello di Francia (109,6%), Spagna (107,5%) e Germania (64,8%), salirà al 140,6% nel 2024 fino a raggiungere il 140,9% nel 2025. I maggior detentori di debito pubblico italiano rimarranno le istituzioni finanziarie e resto del mondo, ma continuerà ad aumentare la quota detenuta da “famiglie e istituzioni no profit”.

Questo quanto emerge dal report Il debito pubblico in Italia: analisi e prospettive” di Rome Business School (RBS), a cura di Francesco Baldi, Docente dell’International Master in Finance di Rome Business School; Massimiliano Parco, Economista, Centro Europa Ricerche e Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School.

Per i criteri di Maastricht, il rapporto tra debito pubblico lordo e PIL non deve superare il 60% o almeno dare segnali di riduzione, ma la previsione della Commissione Europea stima la media nell’area euro a chiusura del 2023 al 90,4%. Dai 97,2 del 2020 ai 90,9 del 2022 la Commissione Europea ha riscontrato una riduzione del deficit/PIL dell’Area euro, prevedendo un’ulteriore riduzione al -2,1% nel 2025, indicando come per terza maggiore riduzione tra i principali Paesi dell’aerea quella dell’Italia al -2,5%, dopo Francia (-3,6%) e Spagna (-3,3).

L’inflazione: l’Italia miglior tasso tra le maggiori economie UE

Secondo i dati elaborati da Massimiliano Parco, economista Centro Europa Ricerche, a metà novembre 2023 il prezzo delle materie prime è aumentato del 47,7% rispetto il 2019, prima dello shock pandemico. È rimasto più robusto l’incremento del prezzo dei beni energetici (+55,4% rispetto al 2019) e quello di alimenti e bevande (+53,6%), mentre gli input industriali segnalano incrementi del 23,6%. Francesco Baldi, nota che “l’incremento dei prezzi registrato dalle materie prime ed assorbito dalle imprese si è riversato totalmente sui prezzi al consumo”, portando così ad un incremento del tasso d’inflazione a livello globale. Nell’Area euro, ad eccezione della Francia, le principali economie (Germania, Italia e Spagna) hanno registrato tassi d’inflazione superiori al 10% nel periodo giugno 2022-marzo 2023. A novembre 2023, il tasso d’inflazione è arrivato al 3,9% in Francia, al 3,3% in Spagna e ad un ridotto 0,6% in Italia.

L’andamento dell’economia e del PIL a livello europeo

Per l’indice Markit PMI di Standard & Poor’s (indicatore mensile di fiducia sulle condizioni economiche reali di un Paese, dove un valore superiore a 50 è sintomo di un’economia in espansione e un valore inferiore segnala una contrazione produttiva del Paese) tra le principali economie dell’Area euro, ad ottobre 2023, solamente l’economia spagnola (Markit: 50) è apparsa in una fase di stasi, a differenza degli altri Paesi che evidenziano contrazioni del ciclo fin dal mese di giugno 2023. La flessione più intensa, attualmente, si manifesta in Francia, con un valore Markit pari a 44,6 punti, lievemente inferiore a quello registrato in Germania (45,9 punti) e in Italia (47).

Anche le previsioni della Commissione europea sul PIL evidenziano un rallentamento pressoché omogeneo tra le principali economie dell’Area euro: per il biennio 2024-2025 la produzione in valore dellArea euro è prevista incrementarsi rispettivamente del +1,2% e +1,6%, similmente a quanto è previsto accadrà in Francia (+1,2% e +1,4%). Le stime per lItalia (+0,9% e +1,2%) si collocano quasi in linea con quelle della Germania (+0,8% e +1,2%). Le stime del PIL della Spagna, invece, non dovrebbero scendere sotto l’1,5%: +1,7% nel 2024, +2% nel 2025.

Il debito pubblico delle amministrazioni locali in Italia

Elaborando i dati della Banca d’Italia, gli autori hanno osservato un discreto grado di eterogeneità tra le Amministrazioni regionali italiane nel 2022. Il Lazio è individuato quale maglia nera d’Italia, con una consistenza del debito pubblico lordo pari a 28,3 miliardi di euro (il 24,3% del debito pubblico delle Amministrazioni regionali). Elevati livelli di indebitamento si registrano anche in Campania con 15,6 miliardi di euro (il 13,4% dell’aggregato delle regioni) e in Sicilia, Lombardia e Piemonte dove il livello di debito è poco superiore ai 10 miliardi. Le regioni che al contrario si caratterizzano per esigui livelli di indebitamento sono la Valle d’Aosta, il Molise e la Basilicata con un debito pubblico lordo complessivo inferiore ad 1 miliardo di euro.

Tale configurazione è il risultato di una dinamica poco omogenea verificatasi negli ultimi 25 anni. Dal 1998 al 2022, diverse regioni hanno registrato un progressivo indebitamento. Di particolare rilievo l’aumento cumulato registrato dalla Campania (+347%, tra il 1998 e il 2022), dal Lazio (+270%), dalla Calabria (+241%) e dalla Sicilia (+185%). Di contro, regioni come il Friuli-Venezia Giulia (-16%), l’Emilia-Romagna (-19%) e la Sardegna (-39%) hanno registrato riduzioni del debito a doppia cifra, quale conseguenza di un risanamento dei conti pubblici regionali.

In uno scenario di maggior indebitamento a livello regionale, spicca il risanamento dei conti pubblici operato da FVG, Emilia-Romagna e Sardegna, in virtù di scelte di spesa a favore di una maggior sostenibilità del debito”, afferma Massimiliano Parco.

Composizione del debito pubblico italiano per strumenti finanziari

I dati della Banca d’Italia evidenziano ad agosto 2023 una netta concentrazione di titoli di debito a medio-lungo termine, pari al 79,3%. Rispetto a gennaio 2002, l’incremento dei titoli a medio-lungo termine è stato superiore a 7 punti percentuali (72,4% a gennaio 2002). Invece, l’esposizione su titoli a breve termine si è ridotta passando dall’8,5% di gennaio 2002 al 4,3% di agosto 2023. Le monete e i depositi bancari pesano per il 7% ad agosto 2023, in calo di 6,5 p.p. rispetto a gennaio 2002. Aumenta, di contro, il peso dei prestiti di banche e fondi che passa dal 4,6% al 5,2%, e l’incidenza dei prestiti con le Istituzioni europee è pari al 2,3%.

“Negli ultimi anni 20 anni la strategia del Tesoro italiano è stata quella di spostare le emissioni di debito dal breve al medio-lungo termine, aumentando di due anni la sua vita media residua, oggi pari a 7,7 anni”, afferma Francesco Baldi.

Prospettive future per l’Italia

Le previsioni della Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) 2023 stimano un ritorno nel 2025 ad un avanzo primario, seppur limitato (+0,7% avanzo primario in % del PIL). Ciò dovrebbe favorire un rallentamento della crescita del rapporto debito pubblico/PIL. La componente residuale relativa agli aggiustamenti tra le consistenze e i flussi è stimata contribuire in maniera sfavorevole per il triennio 2023-2025.

“La crescita economica, accompagnata da un’inflazione controllata, rappresenta il miglior mezzo per contrastare un debito elevato, a condizione che questa crescita non porti ad un aumento incontrollato delle spese pubbliche, generando bilanci fortemente passivi”, afferma Valerio Mancini. Le possibili soluzioni a questa sfida comprendono diverse strategie, che devono necessariamente basarsi su due pilastri: riforme strutturali, per ridurre la spesa pubblica e controllare il deficit; e la gestione dell’inflazione.

Nei prossimi anni, si prevede un aumento dell’indebitamento netto e una crescita economica graduale, accompagnati da obiettivi di riduzione del deficit e del debito pubblico, e che la disparità Nord/Sud, con regioni settentrionali che hanno un debito/PIL inferiore rispetto al Mezzogiorno, vivrà ulteriori tensioni.